Parliamo di… “In una sola persona” di John Irving

 

«Mi domando perché mi capitino di continuo queste improvvise, inspiegabili…cotte» gli risposi.
«Oh, le cotte. Tra un po’ ne avrai molte di più, vedrai» disse Richard in tono incoraggiante. «Alla tua età le cotte sono assolutamente normali…perfino divertenti!»
«A volte però le prendo per le persone sbagliate» provai a spiegargli.
«Non esistono persone sbagliate per cui prendersi una cotta, Bill» mi rassicurò, «Non si può scegliere di innamorarsi di qualcuno piuttosto che di qualcun altro.»
«Oh!» esclamai. A tredici anni, quell’informazione mi fece pensare che le cotte fossero più pericolose di quanto avessi creduto.
È buffo che solo sei anni più tardi, durante quel viaggio in Europa con Tom, iniziato così male a Bruges, l’eventualità di potermi innamorare mi sembrasse improbabile, perfino impossibile. Quell’estate avevo solo diciannove anni, ma ero già deciso a non innamorarmi mai più.

 

È un libro che fa male, ma è niente il confronto a ciò che ti lascia. Irving riesce, col suo sarcasmo, a farti ridere e piangere sullo stesso paragrafo. Sulla stessa frase.
Racconta i vari lati della sessualità, le insicurezze, la malattia e la perdita in modo del tutto personale, mai scontato; con personaggi terribilmente imperfetti e umani, che ti rimangono impressi come se fossero reali.
È un inno all’accettazione di sé, alla prevenzione e all’amore, in tutte le sue forme.

 

«Ho letto tutti i tuoi libri» rispose con entusiasmo. «I tuoi romanzi sono stati una specie di “in loco parentis” per me» aggiunse, scandendo con cura le parole latine. «Quasi dei genitori, insomma»
Ci sorridemmo: aveva detto tutto quello che c’era da dire, e l’aveva detto proprio bene. Suo padre sarebbe stato felice dell’uomo che era diventato, nella misura in cui riusciva a concepire la felicità. Io e Tom eravamo cresciuti con il disprezzo per noi stessi, perché ci avevano insegnato che le differenze sessuali erano sbagliate. Ora mi vergogno di aver sperato che Peter non fosse come Tom, né come me. Forse l’augurio migliore per i ragazzi della sua generazione era che venissero su “come noi”, però orgogliosi di ciò che erano.

 

Per comprendere al meglio il mondo del nostro protagonista, tuttavia, consiglio di leggere prima le opere che per lui sono state più importanti: “La tempesta” e “Re Lear” di Shakespeare, “Grandi Speranze” di Dickens, “Madame Bovary” di Flaubert e “La stanza di Giovanni” di Baldwin.

È un libro che andrebbe letto, da tutti. Non esiste qualcuno a cui non lo consiglierei.

«È un buon segno piangere per un romanzo» mi assicurò Miss Frost.
«Un buon segno?»
«Significa che hai più cuore della maggior parte dei tuoi coetanei.»

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