Per tutta la vita Klaus aveva creduto che se si leggevano libri a sufficienza si poteva risolvere qualunque problema, ma ora non ne era più tanto sicuro.
Titolo: Un infausto inizio
Titolo originale: The Bad Beginning
Serie: Una serie di sfortunati eventi
Editore: Salani
Pagine: 140
Prezzo: Brossura 10,20€ – ebook 5,99€
Reperibilità: Sia online che in libreria, probabilmente a breve uscirà una nuova edizione.
Dal web
Cari lettori,
Sono desolato di dovervi annunciare che il libro che avete fra le mani è estremamente sgradevole. Racconta infatti la triste storia di tre ragazzi molto sfortunati. Nonostante siano graziosi e intelligenti, i ragazzi Baudelaire conducono una vita segnata dall’infelicità e dalla sventura.
Fin dalla prima pagina di questo libro, nella quale i ragazzi si trovano in spiaggia e ricevono una terribile notizia, e nel corso dell’intera vicenda, la malasorte li tallona. Si direbbe che attirino le disgrazie come una calamita. Solo in questo libretto i tre ragazzi s’imbattono in un individuo malvagio, avido e repellente, in vestiti che pungono, in un catastrofico incendio, in un complotto per derubarli delle loro fortune, e in colazioni a base di pappa d’avena fredda.
E mio triste dovere scrivere queste storie spiacevoli, ma nulla vi vieta di mettere immediatamente via questo libro e, se preferite, leggere qualcosa di allegro.
Con il dovuto rispetto,
Lemony Snicket
Se vi interessano le storie a lieto fine, è meglio che scegliate un altro libro. In questo non solo non c’è lieto fine, ma nemmeno un lieto inizio, e ben poco di lieto anche in mezzo.
Ho scelto il libro giusto per concludere l’anno in allegria, non c’è che dire.
Il mio 2016 ha molte analogie con questo romanzo, non a caso ho scelto questa come ultima recensione dell’anno. È stato senza dubbio costellato da una serie di sfortunati eventi, ma è stato solo questo? Deve pur esserci dell’altro, mi dicevo. Inoltre, spesso le cose negative tendono a pesare più di quelle positive, per questo nel tirare le somme mi sono sforzata di essere obiettiva, come se stessi leggendo un libro.
In mio anno in breve (per citare facebook)
SERIE TV
Mi sono decisa a leggere questo romanzo dopo aver saputo che a Gennaio 2017 sarebbe uscita una serie tv tratta dai romanzi, e volevo essere preparata ancora prima di vedere il trailer.
Appena l’ho visto, ho subito notato quanto sembri più allegro e divertente rispetto al romanzo, scelta sicuramente fatta per raggiungere il maggior raggio di pubblico possibile, e secondo me non del tutto sbagliata, vi spiego subito perché.
TRAMA
Mentre il signor Poe diceva di essere l’esecutore, Violet pensò che quella era proprio un’esecuzione. Era venuto giù alla spiaggia e aveva cambiato per sempre le loro vite.
Snicket ha diviso la sua storia in ben 13 romanzi, quindi c’era da aspettarsi che il primo fosse giusto un’introduzione ai personaggi e alle dinamiche ricorrenti. È senza dubbio una storia insolita per diversi aspetti, che fa come suo punto di forza la sfortuna e la tristezza dei protagonisti.
La luce della luna splendeva attraverso i vetri, e se qualcuno avesse guardato nella stanza da letto degli orfani Baudelaire avrebbe visto tre bambini piangere silenziosamente tutta la notte.
Questa tristezza angosciante è contornata anche da un mondo senza tempo, anch’esso triste e cupo. E i nomi per i vari personaggi sono gli stessi di autori non certo famosi per la loro allegria. Snicket ci tiene davvero a calcare la dose, anche a costo di diventare un po’ scontato.
I ragazzi Baudelaire lasciarono la casa. L’automobile del signor Poe scoppiettò lungo le strade lastricate della città in direzione del quartiere dove viveva il Conte Olaf. Superarono motociclette e carrozze lungo il Viale della Malinconia. Oltrepassarono la Fontana Incostante, un monumento molto elaborato che di quando in quando gettava acqua nella quale i bambini andavano a giocare. Superarono anche un enorme cumulo di sporcizia che sorgeva dove una volta c’erano i Giardini Reali.
Il problema è che, con questa impostazione, il libro inizia a stancare presto, perché sin dalle prime pagine noi già sappiamo che finirà male, ce lo ha detto l’autore, quindi prendere a cuore la loro vicenda sembra quasi inutile al lettore, perché appunto quello che può fare non è tanto essere curioso di vedere “Se ce la faranno”, quanto di osservare il percorso di un destino cupo già assegnato, e con questi presupposti sapere il “come” si compirà questo destino diventa un po’ superfluo.
Tuttavia, deve pur esserci dell’altro, giusto? Non può essere solo un resoconto di una sfortuna dilagante e di una vita disgraziata. È quello che mi sono chiesta durante tutta la lettura del romanzo (e anche riguardo il mio anno). Ci sono, infatti, degli elementi che consentono al lettore di arrivare alla fine del libro senza fargli pensare di aver sprecato tempo, anche se magari è annoiato o poco preso dalla storia.
IRONIA
«E la piccola morde» disse Edgar, buttando a terra un osso di pollo, come se fosse stato un animale dello zoo invece del figlio di un rispettato membro della comunità bancaria.
Lemony Snicket racconta fatti davvero tristi, tuttavia, si capisce subito quanto in realtà sia allegro, o quantomeno divertito da questa sfortuna; complice anche il fatto che lui stesso sia un personaggio della storia e il narratore, di cui parlerò più avanti. Questa scelta è azzeccata, perché dà un minimo di respiro alla narrazione e riesce a mantenere questo romanzo nel genere Surreale, invece farlo scivolare solo nel Drammatico.
L’OCCHIO
[…] gli orfani abbassarono gli occhi e videro che nonostante avesse le scarpe, il Conte Olaf non portava i calzini. Videro, nella zona pallida tra l’orlo sciupato dei calzoni e la scarpa nera, un tatuaggio sulla caviglia del Conte Olaf che raffigurava un occhio, simile a quello sulla porta. Si domandarono quanti altri occhi ci fossero nella casa del Conte, e se, per tutto il resto della loro vita, si sarebbero sentiti osservati dal Conte anche quando non era nei paraggi. […] E la sola decorazione sul muro scrostato consisteva in un grande e brutto occhio dipinto, uguale a quello sulla caviglia del Conte Olaf e a quelli sparsi per tutta la casa.
Essendo questo romanzo un’introduzione alla serie, oltre a spiegare la dinamica classica degli eroi/vittime che lottano contro il cattivo di turno, inserisce anche degli elementi che non vengono spiegati, in modo da incuriosire il lettore e avere materiale per i seguiti.
I LETTORI BAMBINI VENGONO TRATTATI COME PICCOLI ADULTI
Uno cosa che ho apprezzato di Snicket è che tratta il pubblico di piccoli lettori come se fossero dei piccoli adulti, senza quindi riempirli di luoghi comuni ma presentando la verità per quello che è, servendosi del surreale solo per renderla più tollerabile. Utilizza alcuni pensieri che spesso frullano nella mente dei bambini per fidelizzare la loro attenzione, come ad esempio l’incapacità di immaginare gli adulti bambini.
Violet cercò di immaginarsi il Conte Olaf bambino, ma non ci riuscì. I suoi occhi lucenti, le mani ossute e il sorriso cupo, sembravano cose che solo gli adulti potessero avere.
E al tempo stesso mostra una lato dell’infanzia spesso evitato, una verità che per un bambino può essere davvero difficile da accettare e per i genitori ammettere: Gli adulti non fanno sempre la cosa giusta, sbagliano e anche spesso. Snicket con i suoi personaggi sembra quasi voler insegnare a mettere tutto in discussione, e secondo me è un insegnamento pericoloso quanto utile.
«Ultimamente» disse il Conte Olaf, «sono stato molto nervoso a causa delle mie rappresentazioni teatrali, e temo di essere stato scostante».
La parola ‘scostante’ è meravigliosa, ma non descrive esattamente il comportamento del Conte Olaf verso i ragazzi. Essa significa ‘riluttante ad avere contatti con gli altri’, e potrebbe adattarsi a una persona che a una festa, per esempio, se ne sta in un angolo e non parla con nessuno. Non descrive una persona che mette tre persone a dormire in un solo letto, le costringe a sbrigare lavori pesanti e le prende a schiaffi. Ci sono molte parole per persone simili, ma ‘scostante’ non è una di queste. Klaus conosceva la parola e quasi scoppiò a ridere quando il Conte Olaf la usò in maniera così scorretta.
PULCI NELL’ORECCHIO
Come la maggior parte dei quattordicenni, era destra, e i sassi finivano più lontano nell’acqua scura quando usava la destra che quando lanciava di sinistro.
Lemony Snicket non ha la stessa eleganza di Patrick Rothfuss nel mettere le pulci nell’orecchio al lettore, nel comunicarci, cioè, qualcosa che potrebbe farci capire da subito gli avvenimenti futuri. L’autore è un po’ maldestro, infatti una frase del genere non sembra a prima vista una pulce ma una frase inutile. Tuttavia, il fatto che ci sia, dimostra che Snicket ha un’idea chiara della storia e dell’intreccio, che in una storia così semplice è sicuramente un punto a favore.
EVASIONE FIGURATA E SENSO DELLA LETTURA
Quando si è giovani è molto importante apprendere la differenza tra «senso letterale» e «senso figurato». Se qualcosa accade in senso letterale, accade per davvero; se succede in senso figurato, è come se accadesse. Se per esempio saltate letteralmente dalla gioia, significa che compite balzi nell’aria perché siete molto felici. Se saltate dalla gioia in senso figurato, significa che potreste far salti di gioia, ma preferite risparmiare le energie per qualcos’altro. Gli orfani Baudelaire tornarono nel quartiere del Conte Olaf e si fermarono a casa del Giudice Strauss, che li accolse cordialmente in casa e li lasciò scegliere i libri nella sua biblioteca. Violet prese molti volumi sulle invenzioni meccaniche, Klaus ne scelse diversi sui lupi, e Sunny trovò un libro con molte figure di denti. Poi tornarono nella loro stanza e si affollarono insieme sull’unico letto, felicemente assorti nella lettura. In senso figurato, fuggirono dal Conte Olaf e dalla loro vita miseranda. Non fuggirono letteralmente, poiché erano ancora nella sua casa e in balìa della sua cattiveria in loco parentis. Ma immergendosi nelle loro letture preferite si sentirono lontani dalla loro situazione, come se fossero effettivamente fuggiti. Naturalmente in condizioni come quelle un’evasione figurata non era sufficiente, ma alla fine di una lunga e faticosa giornata non era poi tanto male. Violet, Klaus e Sunny leggevano i loro libri e da qualche parte nella loro mente speravano che presto la loro evasione figurata si sarebbe presto trasformata in una letterale.
Ecco quello che cercavo, quello che mi ha fatto rivalutare il romanzo, la risposta a “deve pur esserci dell’altro”. Questa pagina dimostra che il vero obiettivo dell’autore non è solo stupire il lettore con una storia al contrario, non vuole semplicemente dirci che le cose a volte vanno male e basta, senza che nulla accada per risollevare la situazione; vuole regalare una verità ben più interessante e, anche in questo caso, utile per un bambino: Quando tutto va male, quando non c’è davvero possibilità di risolvere, un modo per salvarsi è evadere dalla realtà, ma non per fuggire, quanto più per proteggersi e riprendere le forze, e per farlo esistono degli strumenti straordinari, i libri.
PERSONAGGI
Violet, Klaus e Sunny erano bambini intelligenti, graziosi e pieni di risorse, avevano lineamenti piacevoli, ma erano estremamente sfortunati, e la maggior parte delle cose che capitavano loro erano segnate dalla malasorte, dalla tristezza e dalla disperazione. Non è che mi faccia piacere dirlo, ma la storia è proprio così.
Snicket non brilla molto nella caratterizzazione dei personaggi. Ti racconta esattamente come sono, mettendo su carta le varie caratteristiche e le utilizza in alternanza in base alle situazioni. Non mostra nulla e i personaggi, senza la sua presenza continua, non riescono a reggersi da soli.
VIOLET
Quelli che la conoscevano bene, sapevano che stava pensando molto intensamente, perché i suoi lunghi capelli erano raccolti con un nastro in modo che non le finissero negli occhi. Violet aveva un talento speciale per inventare e costruire apparecchi strani, e la sua mente era spesso popolata di immagini di pulegge, leve e comandi, per cui non desiderava essere distratta da una cosa banale come i capelli. Quella mattina pensava a come costruire un dispositivo che recuperasse i sassi che venivano scagliati nell’oceano.
Lei è la sorella maggiore, ha un grande senso di protezione verso i fratelli, è coraggiosa e adora creare invenzioni. Basta, questo è tutto. Violet è azzeccata per la situazione e per un romanzo per bambini, ma è un personaggio piatto, non va mai oltre, e perciò non stupisce mai.
KLAUS
Klaus Baudelaire, il figlio di mezzo e l’unico maschio, amava osservare le creature nelle pozze create dalla marea. Klaus aveva poco più di dodici anni e portava occhiali che gli davano un’aria intelligente. In realtà era intelligente. I coniugi Baudelaire avevano un’enorme biblioteca nella loro casa, una stanza piena di migliaia di libri quasi su ogni argomento.
Klaus ha lo stesso problema della sorella maggiore, non va oltre il suo essere studioso, infatti applica questa sua caratteristica in ogni situazione, un po’ come se fossimo dentro un gioco di ruolo.
SUNNY
Sunny Baudelaire, la più giovane, amava mordere le cose. Era poco più di una neonata ed era anche molto piccola per la sua età, appena un po’ più grande di uno stivale. I centimetri che le mancavano in altezza, tuttavia, erano compensati dai suoi quattro denti grandi e affilati. Sunny aveva quell’età in cui ci si esprime solitamente con una serie di grida inarticolate. Tranne quando usava le poche vere parole che conosceva, come «mamma», «pappa» e «denti» le persone avevano difficoltà a capire cosa diceva Sunny.
Sunny, a differenza dei fratelli, è meravigliosa. L’ho adorata appena ho letto questo paragrafo su di lei. E ho trovato davvero interessante il fatto che Snicket sia riuscito a caratterizzare proprio il personaggio più difficile, perché essendo piccola e non potendo farla parlare, aveva davvero pochi elementi. Quando c’è da intervenire con elementi surreali, infatti, l’autore è davvero originale.
Violet si guardò intorno nella stanzetta angusta e maleodorante in cui avevano vissuto. E Sunny gattonò in giro mordendo solennemente tutte le scarpe di Edgar e Albert, lasciando piccoli segni di denti in ciascuna per non farsi dimenticare.
IL CONTE OLAF
La cosa veramente spaventosa di Olaf, capì, era che dopotutto era molto intelligente. Non era solo un bruto volgare e ubriacone, ma un bruto volgare, ubriacone e astuto.
Lui è il cattivone della situazione, e anche qui, come per Violet e Klaus, non riesce ad andare oltre il suo ruolo, non ha uno spessore che vada oltre le caratteristiche assegnate. Tuttavia, se non riesce a sorprendere, almeno non annoia, per il semplice fatto che l’autore gli ha attribuito anche delle caratteristiche meno scontate.
SCATTI D’IRA IMPROVVISI
La faccia del Conte Olaf divenne paonazza. Per un istante non disse nulla. Poi, con un movimento improvviso, allungò una mano e colpì Klaus in pieno viso.
FELICE SOLO A TEATRO
Poi, quando il pubblico cominciò ad applaudire, la sua espressione cambiò dalla rabbia alla gioia, e tornò sulla scena. Facendo cenno alla donna dai capelli corti di tirare su il sipario, si piazzò al centro esatto del palco e fece un elaborato inchino quando il sipario si rialzò. Salutò e gettò baci all’indirizzo del pubblico mentre il sipario tornava giù, e la sua faccia divenne di nuovo una maschera di rabbia.
STILE
A meno di non essere stati molto, molto fortunati, vi sarà senza dubbio capitato qualcosa nella vita che vi ha fatto piangere.
Così, a meno di non essere stati molto, molto fortunati, sapete che una bella, lunga crisi di pianto può spesso far sentire meglio, anche se le circostanze non cambiano di una virgola.
Fino ad ora il parere generale sul libro non sembra poi così malaccio, giusto? Questo perché ancora non ho parlato dello stile, che è davvero il punto dolente del romanzo.
IL MOSTRATO? CHE ROBA È?
«Eccoci arrivati» disse il signor Poe, in un tono che senza dubbio voleva suonare allegro.
L’autore il mostrato non sa nemmeno cosa sia, racconta e spiega tutto, invece di farcelo vedere, e non lascia nulla da immaginare al lettore. Questo, insieme ad una storia che già sappiamo come finirà e personaggi piatti, porta alla noia e al sonno.
«Oh!» disse Sunny, e tutti capirono cosa intendeva.
Voleva dire: ‘Che posto orribile! Non voglio assolutamente viverci!’
L’unico caso in cui il raccontato ha senso è proprio quando deve spiegare cosa vuole dire Sunny.
AUTORE/NARRATORE
Prima di proseguire, devo spiegarvi una cosa: Lemony Snicket è sia l’autore che ha scritto questo romanzo, sia il narratore e sia un personaggio che agisce all’interno della serie. È importante chiarire questo concetto, perché ho notato una dualità piuttosto evidente nella valutazione dello stile: quando il personaggio rimane nell’ombra e assume più il ruolo di semplice scrittore, escono fuori dei bei paragrafi, tipo questa semplice ed efficace descrizione della tristezza, perfettamente comprensibile per un bambino.
Klaus scoprì che i libri non lo interessavano poi così tanto. Gli ingranaggi nella mente inventiva di Violet smisero di funzionare. Perfino Sunny, che naturalmente era troppo piccola per capire davvero cosa stava succedendo, mordeva le cose con meno entusiasmo.
E al tempo stesso, più compare nella narrazione il personaggio di Lemony Snicket, più la sua presenza esuberante crea degli scivoloni stilistici e affossa il romanzo; infatti, il narratore è forse uno dei più fastidiosi, e qui di seguito leggerete i motivi che mi hanno esasperato al punto da farmi salire l’istinto di volerlo cacciare via, come se fosse un esserino molesto.
Meno male che c’è Luke
NARRATORE CHE PARLA DI SÉ
Sono certo che nel corso della vostra vita avete notato che le stanze riflettono la personalità di chi le abita. Nella mia stanza, per esempio, ho raccolto una serie di oggetti che per me sono importanti, compresa una fisarmonica polverosa con la quale so suonare un paio di canzoni tristi, una grossa pila di appunti sulle vicende degli orfani Baudelaire, e una foto sbiadita, fatta molto tempo fa, di una donna di nome Beatrice. Questi oggetti per me sono molto cari e preziosi.
Si potrebbero definire anche questi interventi delle pulci nell’orecchio, ma questo non toglie che, se in una narrazione già scarsa di avvenimenti, tu interrompi tutto per parlare di te, il lettore alza gli occhi al cielo e cerca di cacciarti via con la scopa.
NARRAZIONE INTERROTTA PER SPIEGARE UN TERMINE
I tre ragazzi Baudelaire vivevano con i genitori in una casa enorme nel cuore di una sporca e caotica città, e di tanto in tanto ricevevano il permesso di prendere da soli un traballante tram (la parola ‘traballante’, come probabilmente saprete, significa ‘instabile’, ‘destinato a cadere’) fino alla spiaggia,
Ok, è un romanzo per bambini, quindi che l’autore spieghi il significato dei termini che usa ci può stare, aiuta ad ingrandire il vocabolario del lettore…
Ciononostante i ragazzi accolsero con sentimenti contrastanti la notizia, data dal signor Poe durante una cena a base di pollo lesso, patate bollite e fagiolini pallidi (laddove per ‘pallidi’ si intende ‘lessati’),
«Suvvia» disse il Conte Olaf, con la voce che simulava (vale a dire ‘fingeva’) gentilezza.
…ma non puoi interromperla senza motivo.
Ma poi deglutì (i ragazzi videro il suo pomo d’Adamo fare su e giù nella gola scarna) e si strinse nelle spalle rattoppate.
Per favore, alzatevi e vestitevi» disse bruscamente. La parola ‘bruscamente’ qui sta per ‘in modo da mettere rapidamente alla porta i ragazzi Baudelaire’.
Sembra quasi che l’autore ogni tanto si scordi il motivo per cui interrompe.
Le parentesi spezzano la narrazione, in ogni caso, quindi è meglio usarle il minimo necessario e solo quando non c’è altra alternativa. Ma qui pur di fare il simpatico c’è un’interruzione continua, che come avete visto dal trailer è diventata quasi un tormentone, una caratteristica tipica, ma non toglie che sia una gran scocciatura.
NARRATORE SI RIVOLGE DIRETTAMENTE AL LETTORE
Non c’è bisogno che vi dica in che terribile stato d’animo si trovavano Violet, Klaus e perfino Sunny nei giorni successivi. Se vi è successo di perdere una persona molto importante sapete già come ci si sente, e se non vi è mai successo non potete neanche immaginarlo.
Ma chi ti ha chiesto niente… Non sarebbe meglio mostrarci come stavano quei poveri disgraziati invece di fare l’uomo di mondo?
NARRATORE FATALISTA CHE VUOLE FAR RIDERE
Ma i ragazzi sapevano, e sono certo sapete anche voi, che anche le peggiori condizioni al mondo possono essere tollerate se le persone attorno a noi sono interessanti e cordiali. Il Conte Olaf non era né interessante né cordiale; era esigente, irascibile e puzzolente. L’unica cosa positiva che si poteva dire di lui è che a casa ci stava poco.
Sì, tutta questa sfortuna fa quasi ridere per la sua tragicità, ma questo se la sottolinei una volta, due al massimo, non ad ogni inizio capitolo. Snicket ogni volta fa dei preamboli lunghissimi per poi arrivare sempre allo stesso concetto: Non c’è niente di positivo a cui aggrapparsi e, anche se esistono possibili lati positivi, non è il caso di questa storia.
Non so se l’avete mai notato, ma le prime impressioni spesso sono completamente sbagliate. Per esempio un dipinto, la prima volta che lo guardate, può non piacervi affatto, ma dopo un’osservazione più attenta potete trovarlo molto gradevole. Al primo assaggio il gorgonzola può sembrarvi troppo forte, ma andando avanti con l’età potreste non desiderare di mangiare altro che gorgonzola. A Klaus non piaceva affatto Sunny quando nacque, ma dopo le prime sei setti* mane i due erano amici per la pelle. Il tempo può cambiare la vostra opinione su qualsiasi cosa.
Vorrei poter dire che la prima impressione dei Baudelaire sul Conte Olaf e la sua casa era sbagliata, visto che le prime impressioni spesso lo sono. Ma queste — cioè che il Conte Olaf era una persona orribile e la sua casa una stamberga deprimente — erano assolutamente corrette.
NARRATORE DÀ GIUDIZI
Dalla morte dei genitori, la maggior parte degli amici degli orfani Baudelaire si era persa per strada, espressione che qui significa ‘avevano smesso di telefonare, scrivere e far visita ai Baudelaire, facendoli sentire molto soli’. Voi e io, naturalmente, non faremmo mai una cosa simile a un conoscente in lutto, ma la triste verità è che quando qualcuno perde una persona cara spesso viene evitato dagli amici, proprio nel momento in cui avrebbe più bisogno di loro.
In una storia dove tutto è bello che pronto e servito, ci manca solo una narratore che ci suggerisce come pensare o che dia giudizi sulla storia o i personaggi.
A questo punto della vicenda, se fossi stato al posto di Violet avrei lasciato perdere,
FINALE
A questo punto della storia, mi sento in dovere di interrompermi e darvi un ultimo avvertimento.
Come ho detto all’inizio, il libro che avete nelle mani non ha un lieto fine. Ora potrebbe sembrare che il Conte Olaf finirà in prigione e che i tre ragazzi Baudelaire vivranno per sempre felici e contenti con il Giudice Strauss, ma non è così. Se volete, potete chiudere il libro in questo istante e non leggere il triste finale che segue.
Il finale è scontato per il fatto che il narratore ci avvisa sin dalla prima pagina, e verso la fine ci troviamo davanti anche un paragrafo del genere, che fa sparire anche la minima briciola di curiosità.
CONCLUSIONE
Una storia fin troppo semplice, dai personaggi piatti, ma con degli elementi interessanti; purtroppo soffocata da uno stile troppo esuberante e da un narratore oltremodo fastidioso. Leggerò il seguito, ma non ho fretta.
Voto: 5/10