Recensione: “Il gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach

Egli imparò a volare, e non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare. Scoprì ch’erano la noia e la paura e la rabbia a render così breve la vita d’un gabbiano. Ma, con l’animo sgombro da essere, lui, per lui, visse contento, e visse molto a lungo.


Titolo: Il gabbiano Jonathan Livingston
Titolo originale: Jonathan Livingston Seagull
Autore: Richard Bach
Fotografie: Russel Munson
Editore: Rizzoli
Pagine: 112
Prezzo: ebook 6,99€ – Brossura 8,50€ – Copertina rigida 11,90€
Reperibilità: Online e in libreria

DAL WEB

Jonathan Livingston è un gabbiano che abbandona la massa dei comuni gabbiani per i quali volare non è che un semplice e goffo mezzo per procurarsi il cibo e impara a eseguire il volo come atto di perizia e intelligenza, fonte di perfezione e di gioia. Diventa così un simbolo, la guida ideale di chi ha la forza di ubbidire alla propria legge interiore; di chi prova un piacere particolare nel far bene le cose a cui si dedica. E con Jonathan il lettore viene trascinato in un’entusiasmante avventura di volo, di aria pura, di libertà.

«Non dar retta ai tuoi occhi, e non credere a quello che vedi. Gli occhi vedono solo ciò che è limitato. Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che conosci già, allora imparerai come si vola.»

Iniziamo il 2017 con una ventata d’aria fresca. Piena di feels eh, ma fresca.

Come è andato il periodo delle feste? Vi racconto in versione ristretta la mia notte di Capodanno: uscendo di casa, devo essere capitata in una dimensione alternativa poliziesca, perché mi sono ritrovata a fuggire da perquisizioni della polizia (no, non avevo nulla da nascondere, solo il panico), da asiatici con le pistole (sì, pistole vere, perché nessuno pensa subito a quelle vere?) e da fuochi d’artificio che tendono ad inseguire le persone (il Consorte li chiama “fuci-fuci”, ma dubito sia il termine ufficiale); dopo la mezzanotte, tornata al paese dei balocchi dove abito, sentendo della musica provenire da un tombino mi sono affacciata e ho scoperto un locale nascosto sotto una banca, in cui tutti festeggiavano allegramente (molto in stile Pub segreto di Gilmore Girls); per finire, sono passata su un ponte che qualcuno aveva riempito di candele, per poi dormire in una casa non mia per badare ad un gatto non mio e, una volta tornata a casa, il mio gatto, sentendo odore di micio estraneo, mi ha fatto una scenata di gelosia gettando la cena per aria. E adesso inizio il nuovo anno parlandovi di un gabbiano.

Ho scoperto Il gabbiano Jonathan Livingston in una fiera del libro usato, a questo romanzo è legato un piccolo aneddoto che, ogni volta che ci penso, mi instilla speranza nel futuro della lettura in Italia. Ve lo metto nascosto nella tendina, perché magari vi state già rompendo le balle e volete subito sapere del gabbiano, ma ahimè io faccio anche questo, racconto storie.

La Creatura Assistente
Era una brutta domenica per me, non ero cupamente allegra e cinicamente frizzante come al solito. Avevo sentito di questa Fiera del libro usato a Cremona, e subito io e Il Consorte ci siamo fiondati lì. Dopo due ore di macchina, scorgiamo sulla città una nube minacciosa, che mi fa presagire il peggio.
“Non possiamo tornare indietro!” urlo al Consorte per farmi sentire in mezzo alla bufera. “Ci sarà qualcuno che ha sfidato la sorte per diffondere la cultura!”
E infatti non mi sbagliavo: Due. C’erano due grandi bancarelle.
Il mio umore non era certo migliorato quando mi sono messa a spulciare i libri, neanche il prezzo da 1€ l’uno mi rallegrava tanto ma, visto che ero lì, in breve tempo tra le mie braccia si era creata una pila di libri, tra cui per ultimo Il gabbiano Jonathan Livingston, che ancora ero indecisa se prendere o meno.
«Ciao! Posso aiutarti?» Un bambino di nemmeno dieci anni spunta dal nulla, e si rivolge a me, carico di aspettativa. «Io lavoro qui! Sono un’assistente!»
Piccola premessa per capire la situazione: nel lavoro, mi trasformo in Mary Poppins in un attimo, ma nella vita di tutti i giorni, specie se sono di cattivo umore, se qualcuno di qualunque età mi si avvicina, io soffio e scappo via. Le persone per me non sono più tali, ma creature bizzarre di cui è meglio non fidarsi, sempre pronte a lanciarti enigmi, quest secondarie o parlarti della parola del Signore.
Il problema era che, in quel momento, non potevo fuggire, perché avevo una pila di libri non pagati tra le braccia, quindi decido di assecondare la creatura e, nel frattempo, studiare un piano di fuga.
«No, non ti preoccupare.» Abbozzo un sorriso poco rassicurante. «Sto solo dando un’occhiata.»
Con dieci libri tra le braccia io davo un’occhiata eh, sottolineo.
La creatura allegra non si perde d’animo, «Te li posso tenere io, mentre scegli!»
«No, ma ti ringrazio.»
«Aspetta!» Si allontana per un attimo. «Ti prendo una busta!»
«Ma non ho ancora pagato…»
«Non fa niente!» Ritorna di corsa, mi prende i libri dalle braccia e li mette nel sacchetto. «Te lo tengo io!»
Il Consorte, che fino a quel momento aveva osservato mangiando pop corn i miei tentativi relazionali con gli abitanti locali, si fa avanti e si offre di tenerla lui.
Torno ad osservare Il gabbiano Jonathan Livingston, ma quella creatura allegra continua a starmi vicino e ad osservarmi. Sapendo che a breve avrebbe ricominciato a parlarmi, adotto la strategia de “La miglior difesa è l’attacco” e comincio a fargli delle domande.
«Allora…sei qui da molto?»
«Da stamattina!»
«È venuta molta gente?»
«Abbastanza!»
Avete presente quando sbattete le palpebre e iniziare ad osservare qualcuno per davvero? Mettendo in moto i neuroni, in quel momento, iniziano a formarsi le domande giuste.
«Quindi, aiuti la signora a vendere?»
«Sì, sono il suo assistente!»
Nel frattempo la signora della bancarella rideva nascondendosi il viso con le mani.
«E come mai? Ti piace stare qui?»
«Sì, inoltre se aiuto i clienti a comprare la signora mi regala dei libri.»
«Quindi tu sei qui, da stamattina, con la bufera, per farti pagare in libri?»
«Certo!»

Sì, c’è speranza per il futuro della lettura in Italia.

TRAMA

«Incoscienza? Condotta irresponsabile? Fratelli miei!» gridò. «Ma chi ha più coscienza d’un gabbiano che cerca di dare un significato, uno scopo più alto all’esistenza? Per mill’anni ci siamo arrabattati per un tozzo di pane e una sardella, ma ora abbiamo una ragione, una vera ragione di vita…imparare, scoprire cose nuove, essere liberi!»

Come spesso accade nelle fiabe, la storia è funzionale al messaggio che si vuole dare.
Bach utilizza la metafora del volo per parlare di ogni obiettivo o sogno che l’essere umano tenta di seguire per migliorarsi, per andare oltre se stessi e sentirsi completi. Inoltre, durante la narrazione, vengono introdotti vari concetti per mostrarci un quadro più ampio delle cose, per spingere il lettore ad andare oltre il volo, e al tempo stesso passarci attraverso.
Leggendo questo romanzo, i suoi concetti e metafore universali, molti si sentiranno colpiti in pieno o ricorderanno alcune cose della propria vita e le rievocheranno, come un disegno sovrapposto ad un altro; specialmente chi si è trovato spesso solo, perché definito diverso, quando invece era solo destinato ad un percorso più insolito e difficile, che io mi diverto a definire panoramico.
Sono concetti ben definiti, che tuttavia lasciano un’ampia interpretazione, quindi lascerò che siate voi a trarre le vostre conclusioni.

Solitudine
Ma a sue spese scoprì che, a pensarla in quel modo, non è facile poi trovare amici, fra gli altri uccelli. E anche i suoi genitori erano afflitti a vederlo così: che passava giornate intere tutto solo, dietro i suoi esperimenti, quei suoi voli planati a bassa quota, provando e riprovando.
Studio
A questo punto capisce perché ai gabbiani questa manovra, a tutte le velocità, non può riuscire. In appena sei secondi, una tocca le settanta miglia all’ora: velocità alla quale l’ala d’un uccello non è più stabile, nella fase ascendente.
Toccare il fondo
Mentre affondava, una voce strana e cupa risuonò dentro di lui. Ah, non c’è via di scampo. Niente da fare, sei un gabbiano. La natura ti impone certi limiti. Se tu fossi destinato a imparare tante cose sul volo, avresti un portolano nel cervello. Carte nautiche avresti, per meningi. E se tu fossi fatto per volare come il vento, avresti l’ala corta del falcone, e mangeresti topi anziché pesci. Sì sì, aveva ragione tuo padre. Lascia perde queste stupidaggini. Torna a casa, torna presso il tuo Stormo, e accontentati di quello che sei, un povero gabbiano limitato.
Vita dopo vita
Cosa vuoi che ti dica? Mi sa tanto che tu, Jonathan, sei un uccello come se ne trova uno su un milione. Per lo più, noialtri ci abbiam messo un’infinità di tempo ad arrivare fin qui. Passavamo da un mondo all’altro, ognuno quasi uguale al precedente, e, subito, ci si scordava donde venivamo né c’importava dove fossimo diretti. Insomma, si viveva alla giornata. Hai idea di quante vite ci sarà toccato vivere, prima che ci passasse pel cervello che c’è, al mondo, qualcos’altro che conta, oltre al mangiare, al beccarci fra di noi, oltre insomma alla Legge dello Stormo? Ma mille vite, Jon, ma diecimila! E poi, dopo quel primo piccolo barlume, saranno occorse altre cento vite prima che cominciassimo a intuire che c’è una cosa chiamata perfezione. E poi, altre cento prima di capire che lo scopo della vita è appunto quello di adeguarci il più possibile a quell’ideale. S’intende che per noi vale la stessa regola, anche adesso: scegliamo il nostro mondo successivo in base a ciò che apprendiamo in questo. Se non impari nulla, il mondo di poi sarà identico a quello di prima, e avrai anche là le stesse limitazioni che hai qui, gli stessi handicap.”
Distese le ali, si girò pronto a levarsi. “Ma tu, Jon,” soggiunse “tu hai imparato tante cose in una volta che non sei dovuto passare attraverso un migliaio di vite per arrivare a questa.
Perfezione
“Raggiungerai il paradiso, allora, quando avrai raggiunto la velocità perfetta. Il che non significa mille miglia all’ora, né un milione di miglia, e neanche vuol dire andare alla velocità della luce. Perché qualsiasi numero, vedi, è un limite, mentre la perfezione non ha limiti. Velocità perfetta, figlio mio, vuol dire solo esserci, esser là.”
Amicizia
Via, non dire sciocchezze! Cosa studiamo a fare, tutto il giorno? Se la nostra amicizia dipendesse da cose come lo spazio e il tempo, allora, una volta superati spazio e tempo, noi avremmo anche distrutto questo nostro sodalizio! Non ti pare? Ma se superi il tempo e lo spazio, non vi sarà nient’altro che l’Adesso e il Qui, il Qui e l’Adesso. E non ti sa che, in questo Hic et Nunc, noi avremo l’occasione di vederci, eh, ogni tanto?
Libertà mentale
“Aiutami,” gli disse molto calmo, con quel tono che è dei moribondi, “desidero volare più di qualunque altra cosa al mondo…”
“Vieni con noi, allora” gli disse Jonathan. “Sollevati dal suolo insieme a me, e cominciamo quando ti pare.”
“Non capisci. La mia ala… Io non riesco a muoverla.”
“Maynard, tu sei libero di essere te stesso, questa è la libertà che hai, adesso qui, e nulla ti può essere d’ostacolo. Questa è la Legge del Grande Gabbiano, la legge che È.”
“Intendi dire che… posso volare?”
“Dico che tu sei libero.”
Semplicemente, allora, Kirk Maynard allargò le ali, così, senza il minimo sforzo, e si levò nel cielo oscuro della notte. Lo Stormo fu destato di soprassalto dalle sue grida.
Gridava a squarciagola, da un’altezza di più di cento metri:
“So volare! Ehi, guardate! SO VOLARE!”
Adeguarsi a se stessi
“E tu pensi che noi saremmo buoni di volare uguale a te?” si levò un’altra voce. “Tu sei fuori del comune, e ci hai doti divine, mica sei un uccello compagno a noi!”
“Fletcher allora? E Lowell? O sennò prendi Charles-Roland! O guarda Judy Lee! Anche loro sono fuori del comune e hanno doti divine, secondo te? L’unica differenza, credi a me, è che loro hanno compreso ciò che veramente sono, e ora tendono a metterlo in pratica. Hanno cominciato ad adeguarsi a se stessi!”
Gli allievi, tranne Fletcher, s’innervosirono, messi a disagio. Non s’erano resi conto ch’era quello, che stavano facendo.

PERSONAGGI

«Lascia perdere la fede!» ripeteva sempre Ciang. «Non t’è mai servita, la fede, per volare. T’è bastato l’intelletto: capire la faccenda. E qui è la stessa cosa. Su, riprova.»

Scommetto vi aspettavate una mia filippica sul fatto che i gabbiani non sono ben caratterizzati…
Sono gabbiani regà, suvvia. Ci accontentiamo.

Scusate, non ho resistito..

JONATHAN LIVINGSTON

“Per la maggior parte dei gabbiani, volare non conta, conta mangiare. A quel gabbiano lì, invece, non importava tanto procurarsi cibo, quanto volare. Più di ogni altra cosa al mondo, a Jonathan Livingston piaceva librarsi nel cielo.”

Jonathan rappresenta in generale una parte di tutti noi, perché a chiunque, almeno una volta, penso sia capitato di sentirsi giudicati per essere diversi in qualcosa rispetto agli altri, (anzi, ve lo auguro di essere stati diversi almeno una volta nella vita); e nel particolare rappresenta tutte quelle persone la cui diversità ha causato talmente scossoni nella propria vita, da essere costretti a rivoluzionarla più volte, a ripartire da zero, e questo spesso da soli. Jonathan Livingston rappresenta il non volersi arrendere di fronte a chi ci vuole simile agli altri, convenzionali, e quindi vuole spingerci a fingere.

Ormai sapeva bene di non essere di carne e ossa e penne, ma un’idea: senza limiti né limitazioni, una perfetta idea di libertà.

Come per la trama, funzionale al messaggio, anche i personaggi secondari hanno una funzione precisa e di facile intuizione: rappresentano tutte le figure che spesso un lettore Jonathan Livingston si trova ad affrontare nel suo percorso panoramico ed, esattamente come nella vita reale, alcune tentano di tarpare le ali e altre, invece, spingono a fare sempre meglio e a proseguire il volo.

I GENITORI

“Ma perché, Jon, perché?” gli domandò sua madre. “Perché non devi essere un gabbiano come gli altri, Jon? Ci vuole tanto poco! Ma perché non lo lasci ai pellicani il volo radente? agli albatri? E perché non mangi niente? Figlio mio, sei ridotto penne e ossa!”
[…] “Sta’ un po’ a sentire, Jonathan” gli disse suo padre, con le buone. “Manca poco all’inverno. E le barche saranno pochine, e i pesci nuoteranno più profondi, sotto il pelo dell’acqua. Se proprio vuoi studiare, studia la pappatoria e il modo di procurartela! ‘Sta faccenda del volo è bella e buona, ma mica puoi sfamarti con la planata, dico bene? Non scordarti, figliolo, che si vola per mangiare.”

È quasi impossibile essere all’altezza delle aspettative dei genitori, ed è spesso difficile competere con la loro idea di “figlio/a”. Ad alcuni però capita di essere tutto il contrario, di non avvicinarsi nemmeno un po’ a quell’idea. E si ritrovano a sentire frasi come “Perché non sei come tutti gli altri?” o, ancora peggio, a percepire quella frase senza mai sentirla; oppure capita di sentirsi implicitamente spinti in una direzione diversa perché ritenuta “più giusta”. I genitori di Jonathan rappresentano questo.

LO STORMO

“Non abbiamo più nulla in comune, noi e te” intonarono in coro i gabbiani, e, con fare solenne, sordi alle sue proteste, gli voltarono tutti la schiena.

Lo stormo rappresenta gli amici, l’ambiente lavorativo o scolastico, e tutti i gruppi organizzati in cui una persona cerca sempre di sentirsi una parte significativa, ma da cui, a volte, si viene sputati fuori, perché del tutto incompatibile o incomprensibile per essi.

Mi è piaciuto molto il modo in cui cambia il punto di vista di Jonathan a proposito di questo:

Spoiler
Sicché, da quel momento, tutti stornarono gli occhi da Jonathan e si voltarono dall’altra parte, ma lui non parve neanche farci caso. Seguitò a tener lezione, imperterrito, proprio lì sulla Spiaggia del Consiglio; e si mostrava, con i suoi allievi, più severo che mai, più esigente, perché dessero il meglio di sé.

CIANG

“Ciang, questo mondo non è il paradiso, dico bene?”
L’Anziano ebbe un sorriso, nel chiarore della luna. “Non si finisce mai d’imparare, Jonathan” disse.
“Ma allora, dopo qui, cosa ci aspetta? Dove andremo? E un posto come il paradiso c’è o non c’è?”
“No, Jonathan, un posto come quello, no, non c’è. Il paradiso non è mica un luogo. Non si trova nello spazio, e neanche nel tempo. Il paradiso è essere perfetti”.

Lui rappresenta chi ci è già passato, ed è arrivato ad un livello di cui all’inizio forse nemmeno immaginavamo l’esistenza. Ciang è tutte quelle persone che dimostrano di aver fatto la scelta giusta a non arrendersi.

FLETCHER

Il gabbiano Fletcher Lynd era giovane ancora, però era certo che nessun gabbiano avesse mai subito un trattamento più duro del suo, da qualsivoglia Stormo, né avesse mai patito ingiustizia peggiore. Non me n’importa niente, di come la pensano loro!, rimuginava fra sé, furioso, mentre volava verso le Scogliere remote, e la rabbia gli offuscava la vista. Dicano quel che gli pare, ma volare non vuol dire soltanto portarsi da qua a là sbatacchiando le ali! Perfino un… una zanzara ne è capace! Solo per aver eseguito qualche evoluzioncella, così, per gioco, sopra il capo dell’Anziano, m’hanno esiliato! Eccomi Reietto! Ma non vedono? Ma sono proprio ciechi? Non si rendono conto dell’ebbrezza che potrebbero provare se anche loro imparassero a volare sul serio?

E dopo aver incontrato chi ci è già passato prima di lui, Jonathan durante il suo percorso di crescita incontra anche chi è nella stessa situazione in cui si trovava lui all’inizio. Il suo specchio sul passato, che dimostra che alcune cose si ripetono sempre, e se accade forse un motivo ci sarà.

STILE

Tutti loro riuscivano meglio nella pratica, però, che non nella teoria: più lesti a eseguire gli esercizi che ad afferrarne l’arcano perché celato in essi.

tumblr_o53zan5lnq1uqpikeo1_500Le immagini evocate dall’autore, la storia e le fotografie ti fanno immergere talmente tanto da rendervi miopi sul resto. È chiaro sin da subito che il punto forte del romanzo non sia lo stile, ma non perché ci sia qualcosa di fatto male, quanto appunto perché non spicca, anch’esso è solo funzionale.

IL RACCONTATO

Il segreto, secondo Ciang, stava tutto qui: Jonathan doveva smettere di considerare se stesso prigioniero di un corpo limitato, un corpo avente un’apertura di centodieci centimetri e i cui itinerari potevano venir tracciati su una carta nautica. Il segreto consisteva nel sapere che la sua vera natura viveva, perfetta come un numero non scritto, contemporaneamente dappertutto, nello spazio e nel tempo.

L’impostazione è molto simile a quella di una fiaba, con linguaggio colloquiale, senza fronzoli, come se il narratore si fosse seduto davanti a noi per raccontare le vicende di Jonathan. È uno stile molto essenziale, e benché sia in gran parte presente il raccontato, non pesa particolarmente proprio per la capacità dell’autore di dirci solo quello che vuole, senza troppi giri.
Può sembrare un po’ spoglio, ma quando il messaggio è così evidente, lo preferisco perché non distoglie l’attenzione da esso.

NARRATORE FUSO CON I PERSONAGGI

Strinse gli occhi, si concentrò intensamente, trattenne il fiato, compì ancora uno sforzo per accrescere solo… d’un paio…di centimetri…quella…penosa torsione e…d’un tratto gli si arruffano le penne, entra in stallo e precipita giù.

Proprio come un narratore seduto con noi davanti al fuoco, che fa i versi ed imita le voci, l’immersione nella vicenda è talmente forte, da avere spesso delle vere e proprie fusioni narratore-personaggi. Sono gli unici punti in cui è presente qualcosa di più simile al Mostrato, in quanto raccontano qualcosa lasciandocela intendere, senza spiegarla.

«…Otto…nove…dieci…mamma mia come rallento…undici…vorrei poter frenare forte come te…dodici…mannaggianoncelafopiù…tredici…’stiultimitremovimenti…quattor…aaaaak!»

FIABA PER ADULTI

“Si trovava a una trentina di metri d’altezza: distese le zampette palmate, aderse il becco, si tese in uno sforzo doloroso per imprimere alle ali una torsione tale da consentirgli di volare lento.”

La scelta di un gabbiano come protagonista sembra voler suggerire che questo breve romanzo sia indirizzato da un pubblico di bambini, ma non è così. Sia per il tema trattato, che per il linguaggio usato, ci troviamo di fronte ad una fiaba per adulti. Richard Bach è stato un aviatore, ed utilizza termini tecnici dell’aviazione per spiegare le azioni di volo, e sono difficili da capire anche per un adulto che non conosce l’ambiente.

Saliva a quota trecento. Avanti dritto, a tutta birra, prima. Poi scivolata nell’aria. E giù in picchiata. Niente! Ogni santa volta l’ala sinistra andava in stallo nella fase ascendente, lui veniva spostato con violenza a mano manca, stallava con la destra per cercare di riprendersi e, trac, cadeva in vite.

STRATI DI LETTURA

Questo è un romanzo che comprendi sempre meglio avanzando con l’età, secondo me, perché ha tanti strati di lettura che si possono comprendere solo con l’accumularsi di esperienze dirette o indirette. Questo però non toglie che un bambino all’inizio possa apprezzare il messaggio semplice della possibilità di trovare altre persone simili a noi e che spesso, ciò a cui ci dedichiamo, anche se ci provoca fatica e sofferenza, potrebbe un giorno renderci dei bravi insegnanti; e poi crescendo e rileggendolo, potrebbe scoprire altre cose più nascoste o sottintese.

LE FOTOGRAFIE

Tutto il libro è cosparso delle fotografie di Russel Munson che, come avete potuto vedere da quelle che ho sparso in giro, raffigurano sempre dei gabbiani. Questo alla lunga può sembrare un po’ ridondante, tuttavia sono posizionate in modo intelligente e nei punti giusti, in questo modo danno seguito alle immagini che abbiamo creato nella nostra testa come la scena di un film o di un documentario, inoltre alcune foto sono posizionate in successione su carta semi-trasparente, per darci ancora di più l’illusione del volo e del movimento.

FINALE

Il finale riempie di speranza nel futuro, ci dice che tutto accade per una ragione, che spesso la fine costituisce nell’inizio, e che quindi la fine di noi stessi non esiste.

CONCLUSIONE

Una fiaba per adulti molto profonda, semplice nella complessità dei suoi messaggi.
Questa storia vuole dirci che, a volte, ci ritroviamo da soli non perché siamo sbagliati, ma perché certi percorsi non sono per tutti, e alcune battaglie sono destinate a pochi. Così come tutto quello che viene dopo. E che forse la comprensione del nostro percorso per gli altri arriverà in futuro, oppure mai, ma per allora forse ci saremo lasciati la nostra sofferenza alle spalle.
Se come me siete in una fase di cambiamento o di scossoni nella vostra vita, leggetelo, sarà come una ventata d’aria fresca.

Voto: 8/10

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