Recensione – “Fallen” di Lauren Kate

Lo sguardo le cadde su un soffione solitario e per un istante si ritrovò a pensare che una Luce più piccola lo avrebbe strappato, avrebbe espresso un desiderio e avrebbe soffiato. Ma i desideri della Luce del presente erano troppo pesanti per qualcosa di tanto leggero.


Titolo: Fallen
Autore: Lauren Kate
Editore: Rizzoli
Pagine: 442
Prezzo: ebook 10,99€ – brossura 11,90€
Reperibilità: Online e in libreria

DAL WEB

In seguito a un tragico e misterioso incidente, Lucinda è stata rinchiusa a Sword&Cross, un istituto a metà fra il collegio e il riformatorio. Nell’incidente un suo amico è morto. Lei non ricorda molto di quella terribile notte, ma la sua ricostruzione dei fatti non convince la polizia. La vita nella nuova scuola è difficile: il senso di colpa non le lascia respiro, proprio come le telecamere che registrano ogni singolo istante della sua giornata. E tutti gli altri ragazzi, con cui è più facile litigare che fare amicizia, sembrano avere alle spalle un passato spiacevole, se non spaventoso. Tutto cambia quando Luce incontra Daniel. Misterioso e altero, prima sembra far di tutto per tenerla a distanza, ma poi è lui a correre in suo aiuto, e a salvarle la vita, quando le ombre scure che Luce vede in seguito all’incidente le si stringono intorno. Luce, attratta da Daniel come una falena dalla fiamma di una candela, scava nel suo passato e scopre che standogli vicino, proprio come una falena, rischia di rimanere uccisa: perché Daniel è un angelo caduto, condannato a innamorarsi di lei ogni diciassette anni, solo per vederla morire ogni volta… Insieme, i due ragazzi sfideranno i demoni che tormentano Luce, e cercheranno la redenzione.

«Se a questo mondo è rimasto qualcosa di buono, tu saprai trovarlo.»

Scusate regà, non ho resistito a tanta balordaggine annunciata.

Io adoro i trailer. Andando al cinema sono sempre quella che non vuole fare tardi per non perderli, a volte se mi piacciono tanto mi commuovo e spesso li reputo migliori del film per intero.
Di questo romanzo, era balordo persino il trailer, al punto che sono corsa in biblioteca a prenderlo, attirata “come una falena dalla fiamma di una candela” per citare la scrittura scialba della Kate. Inoltre, volevo prendere anche il primo libro de La Confraternita del Pugnale Nero (Recensione: QUI), per iniziare una rilettura.

Quel giorno, avevo confuso gli orari e mi ero resa conto che il banco dei prestiti stava per chiudere, quindi, siccome passo parecchio tempo tra gli scaffali e conoscevo l’esatta collocazione dei libri, per non sprecare un viaggio mi sono messa a correre.
Io immagino la scena dal punto di vista degli studenti ancora lì: arriva una tizia di corsa, tutta imbacuccata, con gli occhiali appannati; sfreccia tra gli scaffali e afferra al volo due tra i libri più tamarri della biblioteca e poi fugge via.

La donna le rivolse il classico sorriso da “tu sei il tipo che legge” che Luce riceveva dai bibliotecari da tutta la vita.

Nel mio caso lo sguardo è stato “Tu sei il tipo che legge questa roba”, e nei giorni in cui ho letto questo romanzo in biblioteca, ho tolto la sovraccoperta e mi sono posizionata in punti strategici per non far vedere agli altri da quale libro prendevo appunti.
La gente non avrebbe capito. La gente non sa. Non immagina.

PERSONAGGI

Ogni volta che qualcuno le parlava come se fosse una psicopatica, Luce si convinceva sempre un po’ di più di esserlo davvero.

Penso che prima di tutto io debba presentarvi i tre furetti personaggi principali. In realtà i personaggi della storia sarebbero anche tanti, ma essendo tutti degli stereotipi con lo spessore di un foglietto, ho preferito evitare.
Piccola premessa, visto che li prenderò in giro parecchio:
Non ho dimenticato cosa vuol dire essere adolescenti, confusi e con gli ormoni a mille. Ho alle spalle talmente tanti film mentali e amori platonici da poter scrivere un libro (no, non lo scriverò), tuttavia, quando questo lato adolescenziale viene portato all’estremo, stereotipato, trattato con superficialità e spacciato come se fosse una cosa normale, e soprattutto quando si punta alla bassa autostima delle lettrici adolescenti per farle immedesimare, come appunto ha fatto Lauren Kate in questo romanzo, allora come lì mi girano le balle, e do il peggio meglio di me.

CAM

Il ragazzo alla sua sinistra, invece, combaciava fin troppo bene con l’idea che Luce si era fatta di quel posto. Era alto e magro, con una borsa da DJ appesa alla spalla, capelli neri arruffati e occhi verdi, grandi e profondi. Aveva le labbra piene, di un rosa per cui molte ragazze avrebbero dato qualsiasi cosa. Dal bordo della maglietta nera, sulla nuca, spuntava il tatuaggio di un sole che sulla pelle chiara pareva quasi risplendere.

Lui è il figo#1. I nomi sono solo per distinguerli, non c’è nessuna caratterizzazione che non sia stereotipo. Non c’è spessore, non c’è credibilità. Lui è il figo sfortunato, quello che sappiamo già che, per quanto si impegni, verrà solo usato dalla protagonista in attesa che le cose col figo#2 si sistemino. E qui la protagonista non si fa proprio nessun problema ad usarlo come fantoccio.

E d’un tratto Luce sentì un terribile bisogno di scusarsi con lui per aver abbandonato la festa così presto… era strano, però, dato che non stavano insieme e lei non doveva rendere conto a Cam dei suoi spostamenti. Ma allo stesso tempo le piaceva quando lui le dedicava tutte quelle attenzioni. Le piaceva il suo odore. Profumava di fresco, come l’aria aperta, come guidare di notte con i finestrini abbassati. Le piaceva il modo in cui si concentrava solo su di lei mentre l’ascoltava, quasi che non riuscisse a vedere o sentire nessun altro. Le piaceva perfino che l’avesse praticamente presa in braccio alla festa, proprio sotto gli occhi di Daniel. Non voleva fare niente che potesse spingere Cam a riconsiderare il proprio comportamento nei suoi confronti.

No ma tranquilla, fai pure. Io intanto prendo i pop corn.

Luce arrossì. In genere i tipi rock non le interessavano, ma in effetti nessuno di loro aveva mai spostato il banco così vicino al suo, né si era mai seduto accanto a lei, guardandola con occhi così verdi.
Cam si frugò in tasca e ne recuperò un plettro verde con impresso sopra il numero 44.
«È il numero della mia stanza. Passa quando vuoi.»

Oh yeah, peccato che Cam semini plettri in giro, ma non si sia visto con la chitarra in mano nemmeno una volta, non la nomina nemmeno.

DANIEL

Fu allora che notò un’altra violazione al codice dell’abbigliamento.
Una violazione molto attraente.
Portava una sciarpa rosso acceso. Fuori non faceva affatto freddo, eppure indossava un giubbotto nero di pelle da motociclista sul pullover nero. Forse era perché la sua era l’unica macchia di colore in tutto il parco, ma Luce non riusciva a distogliere lo sguardo. Al confronto tutto il resto impallidiva talmente che per un lungo istante Luce dimenticò dove si trovava.

Lui è il figo#2, quello che vive di rendita perché destinato a stare con la protagonista, e che quindi non c’è bisogno che sfoderi una frase di senso compiuto o qualsiasi cosa gli dia un minimo di spessore. E lei, ovviamente, cade ai suoi piedi praticamente dal primo momento in cui lo vede.

Contemplò i suoi capelli color oro intenso e l’abbronzatura; gli zigomi alti, gli occhiali neri, le labbra morbide. In tutti i film che Luce aveva visto, in tutti i libri che aveva letto l’oggetto dell’amore era di una bellezza sconvolgente… tranne che per un piccolo difetto. Il dente spezzato, i capelli ribelli, una voglia sulla guancia sinistra. Lei sapeva il perché: se l’eroe è troppo perfetto, rischia di essere inavvicinabile. Avvicinabile o meno, Luce aveva sempre avuto un debole per il sublime. E il ragazzo davanti a lei lo era al cento per cento.

L’autrice ci tiene proprio a dircelo: “Originale? No, no, no! Figaccione biondo 4ever!!” (Si io immagino parli così)

Il personaggio di Daniel si può riassumere in questi paragrafi straripanti degli ormoni di Luce. E si dimostra da subito un gran gentiluomo maturo, che dimostra tutti i secoli vissuti:

Un fiotto di calore la attraversò e la ragazza dovette aggrapparsi alla panchina per sostenersi. Sentì le sue labbra scattare a loro volta in un sorriso, ma poi Daniel alzò una mano.
E le mostrò il medio.

Inoltre, non notate subito qualcosa di strano? Se Daniel ha vissuto per secoli e sa che ogni volta che si avvicina a Luce lei tira le cuoia… Non avrà studiato negli anni un piano per evitarla? Per non farsi scoprire? O non avrà anche solo imparato a controllarsi per non fare gaffe in sua presenza?

«Um» tentennò Luce, spremendosi il cervello in cerca di una bugia credibile. Invano. Fece scrocchiare le nocche.
Daniel le coprì le mani con le sue. «Non sopporto quando lo fai.»
Luce si ritrasse di scatto. Le loro mani si erano appena sfiorate, eppure Luce si sentì arrossire. Daniel doveva aver formulato male la frase, per forza. Voleva dire che sentire scrocchiare le nocche gli dava sui nervi, chiunque lo facesse, giusto?

No, ovviamente no.

«Hai vinto?»
Luce fece una risata triste e scosse la testa. «Neanche per idea.»
Daniel strinse le labbra. «Ma tu sei sempre stata…»
«Io sono sempre stata cosa?»

LUCE

Non capiva che cosa stesse succedendo. Non capiva niente. E non le piaceva che a tutti gli altri invece fosse chiaro.

Eccola qui, la perla di questo romanzo. Colei che mi ha fatto ridere e venir voglia di darle una testata a distanza di minuti. Ho riflettuto se tagliare qualche citazione, già selezionate prima dal mucchio, ma poi ho pensato, perché privarvi di tanta balordaggine?

PENSIERI DA DEFICIENTE

ADOLESCENZA A GOGO

PREGIUDIZI COME SE NON CI FOSSE UN DOMANI

“MA LO CONOSCI DA 5 MINUTI!”
FLIPPER

TRAMA

Ve lo dico subito, la trama non c’è. Non spiegano nemmeno perché questi angeli si siano fatti rinchiudere in un istituto del genere visto che sono super-forti e possono anche volare. È tutta fuffa, per mascherare il triangolo tra furetti. Se c’è qualcosa, l’autrice sembra non averci ancora pensato e ha rimandato tutto al secondo libro. Per adesso si perde ancora in un bicchier d’acqua.

NARRAZIONE “WHAT?”

Era ancora convinta che l’attrazione per lui fosse innocente, che i loro frequenti incontri nel gazebo fossero solo… liete coincidenze. Quanto era ingenua! Non le avrebbe mai raccontato la verità: quello era il suo segreto.

E fin qua non ci piove, se è un segreto non puoi raccontarle la verità.

Arriane guardò Luce; la ragazza sentì gli angoli della bocca piegarsi verso il basso, nonostante gli sforzi per mostrarsi indifferente.

Ma l’autrice lo sa che solo nei cartoni animati la bocca si piega così?

Lo spinse appena, molto lievemente. Non voleva affatto fargli perdere l’equilibrio, ma quella leggera pressione bastò a farlo cadere all’indietro.
Colta di sorpresa, Luce perse a sua volta l’equilibrio e finì sopra di lui. Daniel, a pancia in su, la guardava a occhi spalancati.

Ma secondo quale legge della fisica può succedere una cosa del genere?

WORLDBUILDING NOSENSE

Se già l’autrice fa fatica a gestire una trama che non esiste, figuriamoci un istituto correzionale che fa acqua da tutte le parti.

UNIFORMI NERE

Nella sezione “Norme per l’abbigliamento” il sito della scuola assicurava che, fino a quando si fossero comportati bene, gli studenti erano liberi di vestirsi come volevano, con solo due piccole limitazioni: stile sobrio e colore nero. E la chiamavano libertà…

Ma perché dovrebbero farli vestire tutti di nero? Per deprimerli meglio? O in modo che, al buio, nei video di sorveglianza siano più difficili da riconoscere?

TELECAMERE GIOCATTOLO

«E le spie?» domandò Luce, ricordandosi delle onnipresenti telecamere.
«Ho messo qualche batteria scarica qua e là sul percorso dalla mia stanza alla tua» rispose Penn, con la stessa naturalezza di chi dice “Ho appena fatto il pieno alla macchina”.

E da quando le telecamere di sicurezza vanno a pile? Ma Lauren Kate non ha fatto nemmeno una ricerca su google, per vedere come sono fatte? Oppure ha trovato una falla nella sicurezza mondiale e adesso tutti i ladri si metteranno a togliere le pile?

Ma questo è niente, i personaggi possono rigirare le telecamere come vogliono, e ovviamente senza conseguenze.

Tirò fuori un boa di piume di struzzo rosa acceso dalla stessa borsa magica da cui aveva preso i popcorn. «Dammi una mano» disse a Luce, agitando il piede in aria.
Luce intrecciò le dita e le offrì un appoggio: Arriane coprì con il boa la telecamera di sorveglianza, e poi la spense.

Ma l’autrice non ha mai visto un film? Con un tizio che osserva le telecamere e interviene ogni volta che c’è qualcosa di strano? Possibile che non ci sia mai nessuno?

Cieca? Voleva dire che…? Luce azzardò un’occhiata alla telecamera. Cam non stava bluffando: il nastro adesivo era stato applicato con cura sull’obiettivo della telecamera.

No, a quanto pare no.

Penn urlò, raccolse l’astuccio e si appiattì contro la parete. Lo lanciò una, due, tre volte in aria. La quarta volta l’astuccio arrivò abbastanza in alto da colpire e spostare verso sinistra la telecamera fissata al muro, mandandola a riprendere una fila inerte di saggi.

L’ESPEDIENTE DELL’EMPORIO TRASH

«Il suo amico si chiama Roland» continuò Arriane, indicando con un cenno il ragazzo con i dread. «È forte. È uno di quelli che sa procurarsi le cose, mi spiego?»

Tralasciando lo stereotipo de Ragazzo coi dread=fattone, perché il livello è davvero molto basso anche senza questo, ma ci può essere un espediente narrativo più balordo? Questo ragazzo tira fuori dal cilindro qualsiasi cosa per allestire ogni scenario, e creare situazioni che altrimenti in un istituto correzionale credibile sarebbero state impossibili. E ovviamente non viene mai spiegato come faccia effettivamente a procurarsi tutto.

«Roland» disse Luce, voltandosi verso di lui, «devo chiederti una cosa.»
«Spara.» Estrasse un taccuino e una penna dal blazer a strisce bianche e nere. Posò la penna sul foglio, come un cameriere in attesa di un’ordinazione. «Cosa vuoi? Caffè? Alcol? Ho la roba pesante solo di venerdì. Riviste porno?»
«Shigari?» biascicò Arriane, con il sigaro di cioccolato in bocca.
«No» ribatté Luce. «Niente del genere.»
«Okay, è un ordine speciale. Ho lasciato il catalogo di sopra, in camera.» Roland scrollò le spalle. «Puoi passare più tardi…»

Poi da un punto in poi l’autrice si dimentica anche del suo espediente narrativo, e fa comparire cose a caso anche quando Roland non c’è. Tipo pattini e cocktail dentro noci di cocco in un ospedale.

La tenda si aprì all’improvviso, ed ecco Arriane, con i roller e un’uniforme da infermiera volontaria bianca e rossa, i corti capelli neri raccolti a piccoli ciuffi. Entrò pattinando, reggendo un vassoio con tre noci di cocco da cui spuntavano cannucce fluorescenti e ombrellini colorati.

“NON SI SA MAI”

I quattro si avvicinarono alla scatola e Luce vide, sconcertata, che i ragazzi cominciavano a svuotarsi le tasche. La ragazza estrasse un coltellino svizzero rosa da dieci centimetri. Il tipo dagli occhi verdi si separò con una certa riluttanza da una bomboletta di vernice spray e un taglierino. Perfino il povero Todd lasciò cadere nello scatolone parecchie confezioni di fiammiferi e una piccola bomboletta di gas per accendini. Luce si sentì quasi stupida a non avere niente di pericoloso con sé, ma quando vide gli altri frugare nelle tasche e buttare i cellulari nella scatola, rimase a bocca aperta.

Ma che senso ha portarsi dietro tutte queste cose se già sai che te le toglieranno all’arrivo? Poi c’è anche da capire come questi ragazzi si siano alzati una mattina e abbiano deciso che bombolette spray, fiammiferi e coltellini svizzeri sarebbero stati utilissimi per affrontare la giornata.
E non ha doppiamente senso, visto che sono tutti già stati in quell’istituto e quindi sanno che Roland può magicamente procurare di tutto.

LEZIONI SCACCIA-CATTIVERIA

L’insegnante si limitò a gettare un fascio di fogli graffettati sul suo banco e su quello degli altri tre. Luce si chinò a leggere. C’era scritto Storia del mondo. Evitare la rovina dell’umanità. Mmm. Storia era sempre stata la sua materia preferita… ma evitare la rovina?
Bastò un’occhiata più accurata per capire che cosa intendesse Arriane con “girone infernale”: un impossibile carico di letture, COMPITO IN CLASSE scritto in grosse lettere nere ogni tre lezioni, e un tema di trenta pagine su – incredibile! – un tiranno deposto a scelta.

E ovviamente in un istituto correzionale si studiano solo i cattivi della storia e ciò che rovina il mondo. E poi, sempre ovviamente, l’unica altra materia nominata è Religione.

«Se mai qualcuno di voi ha disegnato l’albero genealogico della propria famiglia» vociò sopra il baccano nell’aula, «sa quali tesori si nascondono tra le sue radici.» […] «Potrete navigare in internet per venti minuti alla ricerca del vostro albero genealogico» continuò Miss Sophia picchiettando su un cronometro. «Una generazione equivale più o meno a venti, venticinque anni, quindi l’obiettivo è risalire di almeno sei generazioni.»

Qualcuno mi spiega come si fa a trovare sei generazioni di antenati in venti minuti? O cosa centri questo con la religione? Niente, serve solo per la trama. Ma sicuramente l’autrice si impegnerà a rendere la prossima lezione più credibile…

Lunedì sera, Miss Sophia si trovava dietro a un podio in fondo all’aula più grande del padiglione Augustine, e tentava di fare le ombre cinesi. Aveva convocato i suoi studenti di religione per una lezione supplementare prima dell’esame del giorno dopo, e Luce, dato che aveva già perso un intero mese, pensava di avere molto da recuperare.

No, niente.

Ma perché le ombre cinesi? Non avevano cinque anni!

Aspettate, forse adesso Luce tira fuori un pensiero sensato.

Un attimo dopo, però, si sentì in colpa. Dell’intero corpo insegnante, Miss Sophia era in assoluto la più gentile; l’aveva perfino presa da parte per discutere a quattr’occhi di quanto fosse indietro nella stesura del suo albero genealogico.

No, tranquilli, tutto come al solito.

“BEH IO VADO”

«Da qui in avanti si estende la foresta» disse Daniel. Uscirono in una radura e Luce restò senza fiato per la meraviglia.
Qualcosa era cambiato durante la loro passeggiata nella foresta, qualcosa che non si poteva spiegare con la semplice distanza dall’edificio color moccio della Sword & Cross. Perché quando sbucarono dagli alberi e raggiunsero un’alta roccia rossa, fu come ritrovarsi in una cartolina, una di quelle che si vedono negli espositori di metallo negli empori di provincia, con l’immagine sognante di un Sud idilliaco che non esiste più. Luce aveva la sensazione che i colori fossero tutti più intensi e brillanti, dal lago blu cristallino sotto di loro alla fitta foresta di smeraldo che lo circondava. Due gabbiani volteggiavano nel cielo chiaro. Alzandosi in punta di piedi, Luce riusciva a scorgere il confine della palude sulla costa, quella che, da qualche parte lungo l’orizzonte invisibile, cedeva poi il passo alla schiuma bianca dell’oceano.

Ma questi non erano rinchiusi? Come fanno addirittura a raggiungere la foresta e l’oceano? Non scavalcano nemmeno una recinzione. Il bello è che in una scena, raccontano di due che sono stati beccati a scappare e sono stati puniti. Come hanno fatto a prenderli, visto che le telecamere sono dei giocattoli a pile? Hanno avvisato le guardie che stavano per scappare? Hanno sbagliato strada e sono passati dal cancello d’entrata?

SEGUI L’HACKER 2

E non poteva mancare il cliché totalmente sbagliato della segretaria che, sapendo usare il computer, all’occorrenza diventa un’hacker.

«Hai trovato il libro?»
«Non proprio.» Penn tese una mano per aiutare l’amica a uscire dalla piscina. «Il capolavoro del signor Grigori è ancora misteriosamente scomparso, ma sono riuscita a fare una sottospecie di attacco pirata al motore di ricerca letterario per abbonati di Miss Sophia, e ho scoperto un paio di cose che potresti trovare interessanti.»

Le mie abilità da hacker

STILE

Lo stile avete avuto modo di leggerlo dalle citazioni, è molto banale, quasi sciatto. E molto spesso l’autrice non riesce a farci capire quello che vuole dire.

DESCRIZIONI INSIPIDE

Lo sguardo era felino, determinato e incerto allo stesso tempo… prometteva guai. Sì, erano proprio i suoi occhi. Si aprivano sotto la bella fronte aggraziata, a pochi centimetri dalla scura cascata dei capelli.

E come sarebbe uno sguardo determinato e incerto allo stesso tempo?

Aveva lo stesso sguardo che lui aveva disegnato così tante volte. Le sue guance erano accese. Era arrabbiata? Imbarazzata?
E che la stava fissando. Di proposito, con uno sguardo enigmatico, sfuggente, che Luce non avrebbe mai decifrato, nemmeno se l’avesse visto mille volte.

All’inizio pensò che fossero le ombre, ma stavolta era diverso e più spaventoso, come un velo frastagliato e irregolare, pieno di tasche nere, che lasciavano intravvedere macchie di cielo. Quell’ombra era fatta di milioni di minuscoli pezzi neri. Una tempesta di oscurità caotica e palpitante che si estendeva in ogni direzione.

Ma si può descrivere in questo modo uno sciame di locuste?

SIMILITUDINI “WHAT?”

Poi, raddrizzandosi sulla sedia di pelle della biblioteca, lo sentì. Quel lieve calore sulla nuca.
Lei.
La sua sola vicinanza gli dava una sensazione insolita, simile al calore emanato dal legno che si sfalda in cenere in un fuoco.

Fuori tirava vento. Un gufo bubolò sulla palma nana. Quando passarono sotto le querce lungo l’edificio, i radi viticci pendenti della tillandsia le accarezzarono come ciocche di capelli intrecciate.

FINALE

Finché si trattava di giocare a flipper con i personaggi, Lauren Kate sembrava avere le idee chiarissime; dopo essere arrivata a più di 300 pagine di inciuci, però, si è resa conto di doverci mettere un po’ di ciccia, qualcosa di consistente, giusto per dire che un minimo di trama c’è. Quindi ha iniziato ad impegnare Luce e la sua amica Penn nella ricerca di un fantomatico libro, scritto da un fantomatico antenato di Daniel, che avrebbe dovuto avere, chissà perché, tutte le risposte.

Lo aprì, sicura di dover decifrare un sommario estremamente accademico o di doversi inoltrare in un indice prima di trovare qualcosa di anche solo lontanamente legato a Daniel.
Non andò mai oltre il frontespizio.

E fin qua non avevamo dubbi, il problema è che tutto quello che è scritto dopo è totalmente senza senso:

Spoiler

L’autrice a fine libro sembra essersi resa conto che, non solo non ha dato una sola risposta ai dubbi del lettore, ma che probabilmente non ha dato nemmeno un motivo per acquistare il seguito. Contando anche il fatto che il “colpo di scena” in realtà era facilmente prevedibile da subito.

Spoiler

Quindi inizia a buttare fumo negli occhi, rimandando ogni spiegazione al prossimo libro con “Capirai più avanti” o “Non possiamo dirti troppe cose insieme altrimenti ti senti male” e nell’epilogo, pur di convincerci a continuare la saga, ha anticipato qualcosa che probabilmente avverrà addirittura nell’ultimo libro.

Spoiler

Conclusione

In questo romanzo si sono toccate punte di balordaggine mai sfiorate, ma sapete il bello qual è? Ho riso un sacco a leggerlo, inoltre questi personaggi sono balordi oltre ogni immaginazione, ma sono talmente convinti di essere credibili che mi hanno quasi convinta a leggere il secondo capitolo. È come quando vedi giocare dei bambini concentrati in una storia inventata da loro; anche se non ha senso, alla fine sei quasi curioso di sapere come va a finire.
Un romanzo per adolescenti molto sciatto, banale e ricco di stereotipi. La protagonista è tra le peggiori mai trovate. Se volete staccare dai libri decenti e farvi qualche risata sguazzando nella balordaggine, questo romanzo è tra il peggio meglio che potrete trovare.

Voto: 3/10

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