«Non è tanto il macello in sé. È piuttosto l’aspetto che hanno le cose morte. Umiliate. Colpevoli».
«Colpevoli?»
«Come se fossero dispiaciute di essere state vive».
Titolo: La bambina dimenticata dal tempo
Titolo originale: Bog Child
Autore: Siobhan Dowd
Editore: Uovonero
Pagine: 320 pagine
Prezzo: Copertina rigida 11,90€
Reperibilità: Online
DAL WEB
1981. John Lennon è morto da un anno e in Irlanda sembra che i sogni di pace delle sue canzoni siano definitivamente sfumati. Il paese è scosso da attentati fratricidi e i membri dell’IRA in carcere stanno facendo lo sciopero della fame per ottenere dal governo Thatcher lo status di detenuti politici. Anche il ritrovamento del cadavere mummificato di una bambina sul confine fra Eire e Irlanda del Nord è fonte di contrasti quando si scopre che è vecchio di duemila anni.
Fergus, casuale autore del ritrovamento insieme a Zio Tally, ha diciotto anni. Sta per iniziare gli esami di maturità, dove vuole ottenere voti alti per andarsene lontano a studiare medicina. Per aiutare il fratello Joe, in carcere, inizia a portare avanti e indietro dal confine degli strani pacchetti per conto di Michael Rafters, detto “il Matto”, un personaggio ambiguo e collegato all’IRA.
In questa situazione, in cui nascono l’amicizia per il soldato britannico Owain e l’amore per la bella Cora, Fergus comincia ad avere strane visioni, in cui un mondo antico che si intreccia sempre più con quello presente gli appare attraverso gli occhi di Mel, la bambina dimenticata dal tempo.
La mia vita andò in pezzi come una mela tagliata in due, e la mano di Rue quel giorno sulla mia spalla ne fu il coltello.
Si lo ammetto, per questo libro avevo delle grandi aspettative.
Ho amato profondamente “Sette minuti dopo la mezzanotte” (Recensione: QUI), tratto dal soggetto di Siobhan Dowd, quindi ho pensato che gettarmi a braccia aperte su questo romanzo mi avrebbe dato, se non le stesse emozioni, almeno qualcosa di altrettanto forte e sconvolgente.
La lettura di questo romanzo ha avuto un’analisi preliminare, eseguita da Gattara, che con il suo fiuto ha trovato la balordaggine anche a grandi distanze; e da Carlino, il cui contributo vedremo più avanti.
TRAMA
“Mamma e Papà”, pensò. “Perché non vi siete trasferiti nel Sud quando i Disordini sono incominciati? Perché?”
Risalì verso la cima e si trovò la risposta davanti agli occhi. “Per questo. Tutto questo. È casa.”
Gli elementi in questo romanzo sono tantissimi: ritrovamento di una mummia molto antica, tensione politica, attentati, fanatismo religioso, detenuti in sciopero della fame, confini incerti, problemi familiari e scolastici.
«Fergus. Nessuno potrà riportare quella bambina in vita».
Una zolla di terra cadde dal taglio appena ebbe detto quelle parole e un gomito fece la sua comparsa, piccolo e ricoperto di pelle.
La storia di questa mummia che viene ripercorsa attraverso sogni e visioni di Fergus è, senza dubbio, la parte più interessante del libro. In realtà ciò che il lettore vuole scoprire davvero è la verità su questa bambina dimenticata dal tempo; Fergus e i suoi problemi sono solo un contorno, che il lettore accetta di seguire pur di arrivare a ciò che gli interessa davvero.
Dov’è?! Quando continua il racconto della bambina?!
Questo credo dipenda dal fatto che, in realtà, l’autrice non si è addentrata davvero in nessuno degli altri argomenti. Sì, ci sono i Disordini, ma i personaggi abitano su in montagna, quindi non li toccano direttamente. Le cose iniziano a cambiare un po’ solo quando vengono coinvolti dallo sciopero della fame del fratello, ma nessuno riflette o si pone domande serie, vogliono solo che riprenda a mangiare;
«Joe, è coraggioso quello che state facendo».
«Grazie».
«Ma è stupido. Inutile. Me lo sento nelle ossa. Non vi porterà da nessuna parte, solo in una bara. A che cosa serve?»
«Una bara è una potente dichiarazione, Ferg».
Fergus viene spinto a fare delle consegne, ma tutto ciò che vuole è essere lasciato in pace e scrollarsi di dosso quella responsabilità e sì, c’è il confronto con il soldato inglese al confine, che fa molto film di guerra acchiappa oscar, ma che nella pratica si riduce a battute e frasi effetto fini a se stesse.
«Tu sei in una trappola, io in un’altra». […] «Io e te… Siamo come due topi in due gabbie, che ci osservano l’un l’altro attraverso le sbarre».
È tutto un continuo fuggire, un voler essere lasciati in pace, un voler limitare il più possibile ogni coinvolgimento. “Va bene tutto, finché non riguarda noi direttamente e, se ci riguarda, cerchiamo di uscirne il prima possibile” sembra che Fergus e la sua famiglia (a parte Joe) dicano sempre questo, di continuo. Lo so che molti la pensano così e che questo quindi rende i personaggi realistici e coerenti, ma è lo stesso difficile appassionarsi ad una storia del genere.
Io per gran parte del romanzo
PERSONAGGI
«La marea sta cambiando. Lo sento. Persino qua dentro. Lo percepisco.»
«Io non sento niente.»
Se lo sviluppo stesso della trama non permette al lettore di appassionarsi, devo ammettere che anche i personaggi non aiutano per niente. A parte Mel, la bambina dimenticata dal tempo, sono tutti molto piatti, legati al loro ruolo nella storia.
Me li sto già dimenticando, e ho finito di leggere il libro l’altro ieri.
FERGUS
«Tu hai il tuo modo di fare le cose e io il mio. Non giudico. Voglio soltanto la pace».
«Sembri come quelle fottute mogli di Belfast. Molli e sdolcinate fin nel midollo.»
«Sì. Sono proprio io. Niente di più molle.»
Ovviamente Fergus è il personaggio in cui l’autrice si è impegnata di più, ma non ha nulla a cui il lettore possa affezionarsi o interessarsi. A parte il nome forse, perché mi ricordava di continuo Furguson, il gatto di Winston Bishop in New Girl.
Un semplice studente in ansia per la maturità, con gli ormoni a mille, che non vede l’ora di andarsene da lì perché così potrà starsene in pace. Sì, soffre perché il fratello sta digiunando e sì, non ha nessuno con cui sfogarsi, ma non c’è stato nessun pensiero che andasse oltre la semplice sofferenza, niente di personale. È stato come guardare un film con un attore non proprio bravissimo.
PARANOIA
Corse avanti sulla strada. Anche se sapeva che non era vero, nella sua fantasia il soldato stava prendendo la mira verso il punto in mezzo alle sue scapole. Si voltò. Il ragazzo era appoggiato alla baracca, la facci pallida nella luce del sole, il fucile nascosto da qualche parte.
L’unico suo lato che ho trovato interessante e divertente è la sua paranoia. Fergus immagina sempre il peggio che potrebbe accadere, non importa quanto questo sia improbabile, a lui piace spaventarsi da solo e poi lamentarsi per l’angoscia, e in questo mi sono rivista.
In un lampo fu fuori dalla porta, con la macchina che partì rombando. Curvò di colpo appena fuori dal vialetto, andando quasi a sbattere col lato del passeggero sul cancello. Si allontanò, dando l’idea che un incidente fosse inevitabile. Fergus si figurò i giornali, in una turbinosa sequenza di titoli cinematografici, come una catena di conseguenze. FIGLIO NELLO SCIOPERO DELLA FAME. MADRE PREOCCUPATA SI SCHIANTA IN AUTO. PADRE DISTRUTTO SI SUICIDA.
Sì, sono io.
MEL / LA BAMBINA DIMENTICATA DAL TEMPO
Un giorno d’inverno, ricordo papà che mi guardava mentre passavo la scopa intorno alla sua sedia. Rise e mi intrappolò la scopa fra i piedi e mi diede un buffetto. Mi chiamò la bambina dimenticata dal tempo. E lo scherzo finì.
Mel compare davvero per poco rispetto alla storia di Fergus, e tuttavia il lettore ne è rapito sin dalla prima riga. Si vede che l’autrice ha messo tutta se stessa nella sua storia, si percepisce una cura e un’eleganza che spicca tantissimo rispetto al resto.
Ovviamente tutti vogliono sapere cosa le sia successo, e se nel presente gli esperti si impegnano per scoprire la causa della morte, Mel, raccontando la sua storia, vuole dirci il perché.
Usanze del tempo
Macinavo i cereali per il pane come mi aveva mostrato e spazzavo il pavimento della casa fin quasi da quando ho iniziato a camminare. La polvere del giorno prima volava fuori dalla porta rivolta a est ogni mattina e così i morti nelle ombre dietro la casa potevano tornare a respirare.
Un altro aspetto interessante sono le usanze del suo tempo che arricchiscono la narrazione. Non so se fossero reali o inventate dall’autrice, ma in ogni caso ci stavano benissimo.
Nel buio, dormivamo in fila. Mamma accanto al muro, poi Papà. Poi la tenda di lana chiara che svolazzava nella brezza notturna. Poi io stessa e uno spazio e mio fratello Brennor e uno spazio e poi i piccoli. Ogni spazio stava per un bambino che era morto. E sognavamo come una famiglia.
Oltre alla causa della morte, che per chi è un minimo informato sulle mummie può immaginare, c’è un colpo di scena che coglie tutti di sorpresa e forse è il punto più alto di tutta la narrazione, perché sconvolge del tutto le carte in tavola. L’autrice, tuttavia, ha voluto inserire delle pulci nell’orecchio già prima della grande rivelazione.
JOE
Ci fu silenzio. Quando alzò lo sguardo, vide che negli occhi di Joe si stava formando una lacrima.
«Fergus».
«Che c’è?»
«Ma sì. L’amore. Quella roba lì.»
Joe come personaggio aveva un grande potenziale. Ha degli ideali e non ha paura di agire, decide di fare il digiuno e rimane fermo nelle sue decisioni, però per via della trama l’autrice non ha potuto approfondirlo più di tanto. Le uniche volte in cui compare è in carcere durante la visita dei parenti, e lui stesso si rifiuta di spiegare o parlare apertamente perché sa che la sua famiglia non capirebbe.
La madre prese una fetta dal pacchetto e la alzò davanti a sé. «È buon cibo» disse. «Farina, frutta, zucchero, burro. Buon cibo. Messo qui perché lo mangiamo».
Joe fece il gesto che avrebbe fatto un prete, per benedire il pane. «Lo so. Ma sono tempi strani quelli in cui viviamo. E dobbiamo fare cose strane per uscire da tempi strani.»
LA MADRE
«A questo punto potresti anche chiamare “terra madre” la Gran Bretagna, Pat.»
La madre allontanò il tavolo dalla parte. «La frittura è pronta.»
«È tutto quello che hai da dire?»
La madre prese le sedie pieghevoli per le ragazze e le sistemò fra il tavolo e la parte. «Dove sono quelle due teppiste?»
La madre non si espone in un’opinione o in un pensiero autonomo nemmeno per sbaglio. Non gliene frega nulla, sta sempre a lamentarsi di quanto i figli la facciano penare, di quanto sia amara la vita, dei soldi che non bastano mai, di una rondine che non fa primavera ecc…
OSSESSIVA
Una cosa che ho apprezzato e che al tempo stesso mi ha scatenato l’impulso di gettarle addosso un secchio d’acqua è stata la sua ossessione per la discrezione riguardo il figlio in carcere. Mi ha ricordato la classica madre del sud che non vuole far sapere alle comari vicine di casa che i suoi figli non sono perfetti come dice. Ripete in continuazione al figlio di non farne parola con nessuno, non scherzo, ne ho riportato alcune segnando le pagine.
Pag 72 «La madre di Fergus aveva ordinato alla famiglia di non dire niente a Joe e lui aveva obbedito.»
Pag 77 «E ricorda: neanche una parola con le ospiti.»
Pag 97 «E non parlare di Joe con nessuno. Mi hai sentito, Fergus?»
Pag 143 «E…Fergus?»
«Che c’è?»
«Non una parola con le ospiti.»
Pag 185 «Okay, Fergus. Soltanto, non parlare di…be’, sai che cosa. A nessuno.»
OWAIN
«Un giorno diamo una mano con un pezzo di archeologia, gomito a gomito con voi. Il giorno dopo veniamo a scortare le bare di quelli che fanno lo sciopero della fame e potremmo benissimo essere stati teletrasportati su un altro pianeta. Tutti ci trattano come mostri. E prima che te ne accorga, ci sono molotov e sassi che volano.»
Lui è il soldato britannico di guardia al confine con cui Fergus fa amicizia. È l’uomo delle frasi fatte, sulla guerra e i conflitti. Sta lì a fare il soldato per evitare la miniera, e fondamentalmente non gliene frega nulla degli scontri, infatti lascia passare chiunque, si mette a fare amicizia e si lancia con Fergus in metafore del tipo: Meglio essere un cane costretto ad obbedire ma pulito o un topo libero ma sudicio? Visto che a nessuno dei due frega nulla, potete immaginare quanto poco salga il livello della conversazione.
STILE
E, come diceva suo padre, non c’era niente come l’odore della torba nel camino per dare conforto in un mondo oscuro.
Ecco la punta dolente di questo romanzo. Quella in cui Gattara si è data alla pazza gioia. Quello che ha affossato tantissimo una storia che, tutto sommato sarebbe stata piacevole.
FLASHBACK E PENSIERI CINEMATOGRAFICI
I ricordi degli anni lo assalirono volandogli incontro come le carte di un mazzo: Joe che gli mostrava come rastrellare l’erba tagliata, e poi scuoteva l’attrezzo in aria come se fosse il forcone di un diavolo infernale e inseguiva Fergus intorno alla casa.
Iniziamo subito dall’argomento meno peggio. La narrazione di questo romanzo è molto cinematografica, l’autrice punta molto sull’immaginazione del lettore e, invece di propinarci elenchi di pensieri, rende tutto più dinamico con questi espedienti. Può piacere come no, a me non dispiacciono.
“In the middle of the night
In the middle of the night I call your name
Oh, Yoko!”
La proiezione di diapositive sfarfallò nella sua mente con le immagini di Mel, una dopo l’altra: le sue ferite, i suoi abiti, i resti della sua vita dimenticata. Click. La sua faccia, viva e sorridente. Click. Il suo nodo d’amore. Click. La sua faccia sorridente. Click. Joe che nuotava nel lago, strillando per il freddo. Click. Joe nella sua branda di prigione, con una mano emaciata che penzolava. E alla fine il bianco abbagliante, il vuoto rettangolo di luce.
SIMILITUDINI “What?”
Non ho mai trovato così tante similitudini inutili in un romanzo. Non solo non servono a nulla, perché le frasi esprimono concetti che non richiedono chiarimenti, ma per di più confondono, perché ci mettono davanti immagini poco azzeccate o che non c’entrano niente.
Entrambi risero come pagliacci.
Questa piace particolarmente all’autrice, visto la utilizza più volte in varie declinazioni, tuttavia la risata di un clown nella bocca di un personaggio qualsiasi mi inquieterebbe parecchio. Bastava semplicemente dire che risero di gusto, tanto, forte, si sbellicarono… cosa c’entrano i pagliacci?
Luccicò un pochino, come un sorriso.
Ma l’autrice lo sa che il brillio nel sorriso si verifica solo nei cartoni animati?
La moderna chiesa cattolica, col suo tetto simile ad un disco volante, giaceva come un UFO abbandonato.
Evvai, combo. Ma di che stiamo parlando? Da quando una descrizione si fa in questo modo? Come devo immaginarmela questa chiesa?
Grazie a Carlino per la sua reaction
Si voltò e riprese la strada per scendere dalla montagna, evitando la baracca della sentinella. Saltava sulla torba come un coniglio sotto l’effetto di steroidi anabolizzanti.
Ma l’autrice dove l’ha visto un coniglio in quello stato? E come pensava si potesse applicare il paragone con un essere umano?
Era vestita con un cappotto color senape che sembrava una coperta. Il sole gli batteva sopra come un rivale geloso.
Si era sentito stupido, facendo loro dei cenni col capo, mostrando loro la stanza, indicando la saponetta, desiderando che le lenzuola non fossero di vecchio poliestere e le tende e il tappeto non fossero di un marrone sbiadito. Ma avevano detto quanto sarebbero state comode e lui si era sentito come una giraffa in una cuccia per cani e si era allontanato.
Io appena ho letto questa frase, non riuscivo a togliermi dalla mente una povera giraffa incastrata in una cuccia. Ho capito che l’autrice voleva dire che Fergus si sentì fuori posto, ma era necessario confondere ancora di più e scomodare una giraffa?
L’unico modo in cui una giraffa può entrare in una cuccia.
Lui infilava le mani sotto il morbido cotone della sua enorme t-shirt e restavano distesi immobili come due tranquilli punti interrogativi.
Ho capito la posizione e ci sta, è il “tranquilli” che mi inquieta un sacco. E mi chiedo quindi come siano i punti interrogativi arrabbiati o tristi. Con Gattara e Carlino abbiamo fatto delle prove, ma con scarso successo.
Il picco lo si raggiunge con il nonsense inquietante:
Fergus non capiva bene se fosse lei a spingerlo o lui a tirarla, ma si ritrovò le braccia ricolme di lei e furono fianco a fianco. Ebbe l’immagine di loro come due scheletri di Halloween in cerca d’amore.
FRASI NONSENSE
Pensavate fosse finita? Assolutamente no, il nonsense inutile dilagante colpisce anche delle frasi random:
La superficie dell’acqua era incolore.
E fin qua nulla ci piove.
«Ora guardate cosa avete fatto. Per poco stamattina Theresa e Cath non mi hanno ucciso, facendo le stupide col mio smalto per unghie, […]»
Io e Gattara ancora cerchiamo di capire come la madre possa aver rischiato la vita con lo smalto.
Dovette cronometrare per quanto tempo resistevano a nuotare sott’acqua. Theresa se la cavò molto bene, ma Cath saliva di continuo in superficie, come se fosse troppo ossuta per non galleggiare.
Il sole strombazzò, incitandoli.
Ma dubito che sia andata davvero così.
Zio Tally si stava accendendo una sigaretta e scuoteva la testa come se fosse in ascolto di un’invisibile musica.
Perché, di solito con la radio accesa escono le note dalle casse?
Cora non disse niente. Scrollò semplicemente le spalle e guardò verso il cielo, come per dire che l’intero mondo era sulla via della rovina.
E con quale movimento avrebbe detto tutte queste cose? Esiste un movimento di spalle e collo che significa questo? E perché poi? Si stavano semplicemente salutando.
Ma l’autrice è convintissima di questi movimenti ricchi di significato, e ci riprova:
Owain lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava. Fergus alzò gli occhi al cielo, come per dire che il mondo era uno show.
Poi alla fine decide di osare ancora di più, regalandoci una frase che ancora adesso non ho capito minimamente:
Fuori, il giorno era grigio e incerto ma lui entrò in città a bordo dell’autobus come se il mondo intero fosse un campo elettromagnetico generato dal contatto delle dita.
Aveva la gola rabbiosa per la sete. Forse erano le aringhe affumicate che sua madre aveva fatto per il tè la sera precedente.
Tralasciando il fatto che Fergus abbia una gola malata di rabbia oppure incazzatissima, ma questi che mangiano a merenda?
Il picco lo raggiunge qui, con una battuta becera, metafora dei pagliacci rinforzata e una reazione del tutto esagerata e senza senso:
«L’esame è finito. Pisciate in pace».
Padraig si diede una pacca sulle ginocchia. «Rendiamo grazie a Dio» disse, concludendo la battuta. Si misero a strillare e sbellicarsi dalle risa per il corridoio come pagliacci impazziti, quindi barcollarono nella toilette. Fergus rise così forte che dovette tenersi un fianco. Aveva gli occhi che lacrimavano. Per poco non collassò contro il muro, con un lamento.
Ci sta sempre bene
SCENA DI SESSO BALORDA
Rimase ferma, ascoltando attentamente, poi fece segno di sì con la testa. Appena fu tornata sotto il copriletto, un fringuello emise il primo esitante trillo della giornata. I fianchi di Cora premettero con forza contro quelli di Fergus. Poi non ci furono più né suoni né visioni, soltanto le sensazioni, una caduta pura e libera, senza ostacoli, swoooosh, come di uno sparviero che scende dal cielo in picchiata. Dovette stringere i denti sull’interno delle labbra nella dolce agonia di mantenere il silenzio. Sofferente Salvatore. Morire è così, pensò. Doloroso. Bello. Tendi le mani. La incontri come un’amante, col pilota automatico verso la tua tomba. E udì tutti i preti di tutti i giorni di messa intonare le famose parole. In the midst of life, Fergus. Nel mezzo della vita siamo nella morte.
Ma io posso accettare che lei non abbia ostacoli, che faccia “swooosh” come se lui avesse una spada laser, che faccia un’espressione facciale inquietantissima e che pensi alla morte in un momento come questo… ma i preti?
Ma io sono un’adulta disadattata, potrei non comprendere a pieno i pensieri di un ragazzo adolescente in preda agli ormoni, quindi ho chiesto il parere di Gufetto come consulente esterno.
Il suo era un pensiero scientifico molto elaborato, ma anche pregno di sentimento, che i più forse avrebbero trovato di difficile comprensione, perciò ho preferito riassumere il tutto in una frase chiave del suo discorso:
«Da adolescente, se stai ficcando, NON PENSI.»
FINALE
Nel finale si ha un colpo di scena riguardo la storia di Fergus, ma a me aveva appassionato poco sin dall’inizio quindi non mi ha colpito più di tanto. Penso che il punto più alto si abbia a metà romanzo, nel colpo di scena di Mel. In generale l’ultimo paragrafo dà la giusta dose di speranza e nostalgia.
CONCLUSIONE
Un thriller surreale pieno di elementi interessanti anche se poco sviluppati, tra cui spicca soprattutto la storia della bambina dimenticata dal tempo. Se vi interessano i libri con sfondo socio-politico ben preciso, un mix di thriller, feels e similitudini tanto orrende quanto divertenti, potreste dargli un’occasione, ma non aspettatevi nulla di che.
Voto: 5/10