Parliamo di… Trainspotting di Irvine Welsh

Quando c’è aria di tempesta ogni porto è buono, e me la sento, la tempesta che m’infuria in corpo, dietro la maschera che ho in faccia.

Una provocazione a più livelli, uno spaccato del mondo della droga, uno scorcio marcio dietro la facciata patinata e infiocchettata di una nazione, un viaggio crudo e oscuro nella mente umana. Senza sconti.
Non vuole insegnare nulla, è solo una voce sotto forma di pagine che pretende di essere ascoltata.

«Beh, magari qualcuno a posto c’è rimasto» dice Jane, quando ci siamo riprese.
«Sì, cazzo, se sono in minoranza va tutto bene» le faccio io, chiedendomi da dove viene quella punta di durezza che c’è nella mia voce, ma forse preferisco non saperlo.

Questo romanzo non ha una trama ben definita, eppure ha tanto da dire, e lo urla in faccia al lettore.
Non credo sia un romanzo per tutti e che per ogni persona esista un momento migliore di altri per leggerlo e, se non apprezzarlo, almeno capire il messaggio che si cela dietro.

Ho sempre pensato di essermi rovinato ben bene la vita con la droga, ma il casino che riescono a combinare certi coglioni che si inguaiano per amore, è roba da non crederci.

Non è un romanzo semplice, ha vari elementi che lo rendono difficile da gestire e digerire.

1. Leggetelo in pochi giorni: I personaggi sono talmente tanti che se lo lasciate troppo tempo sul comodino rischiate di perdere il filo e non trovarlo mai più.

2. Non leggetelo se siete stanchi: Non è un libro che si può leggere appisolandosi sul cuscino, lo stile si modifica di continuo in base al personaggio quindi è importante avere un minimo di concentrazione.

3. Se vi urtano le parolacce, la violenza, le scene crude, grottesche e disgustose, se vi sentite rigidi o ipersensibili verso alcuni argomenti, (droga, alcolismo, aids, aborto, morte in culla, violenza domestica ecc…) lasciate perdere. Perché questo romanzo prenderà tutto quello che avete assimilato come giusto e ci farà i bisognini sopra. Davanti a voi, e si farà una risata.
Le parolacce sono sparse in tutto il romanzo, solo la parola “cazzo” è presente 1357 volte. È davvero tanto e si sente, urta, ha dato fastidio anche a me che spesso raggiungo lo status “scaricatore di porto” senza neanche troppa fatica. Ma si vede anche che è fatto di proposito, fa parte di tutte le provocazioni dell’autore.

Qualche volta penso che la gente comincia a bucarsi soltanto perché, senza neanche rendersene conto, ha una gran voglia di un po’ di silenzio.

Ciò che ho apprezzato di più sono stati i pensieri dei personaggi, quelli crudeli, tremendi, grotteschi, egoisti, che chiunque si vergognerebbe di dire ad alta voce, (riporterò solo quelli più leggeri) eppure li riconosci come credibili, perché se hai imparato ad andare oltre la superficie delle cose sai che l’essere umano fa questi pensieri, sai che è capace di una crudeltà immane.

Stava soffrendo talmente, in quella sua rota silenziosa, che non potevo farci un cazzo, io, per farlo stare ancora peggio.

Bisogna fare un certo percorso per notare e apprezzare alcune cose, non nel loro specifico, ovviamente, ma in quello che vogliono trasmettere.

È chiaro che era troppo buona per Billy, ma anche Myra Hindley e Margaret Thatcher erano troppo buone per Billy. È stata presa in quel circolo vizioso tipico di tutte le ragazze, voglio-un-uomo, voglio-un-figlio, voglio-una-casa, la solita merda in cui s’infognano, senza mai aver avuto la possibilità di trovare se stessa al di fuori di quei valori del cazzo di chi ha la gelatina al posto del cervello.

È un viaggio dall’interno, dove si osserva prima il pensiero e poi l’azione. È stato intenso vedere determinati concetti, magari anche lontani da noi, attraverso i loro occhi, con pensieri spesso coincisi e personali.

Ho voglia di ridere anch’io, ma come cazzo faccio, se mi sento tutte le ossa che ho in corpo come se uno me le schiacciasse in una morsa e me le facesse a pezzi con un seghetto mal affilato?

È facile prendersela con filosofia quando è un altro ad avere il sangue pieno di merda, e non tu.

RENTS

I suoi amici saranno sempre di meno, man mano che aumentano i suoi bisogni. È la matematica inversa, o perversa, della vita.

Rents si potrebbe definire come il protagonista, ma questo solo perché ha una coscienza di sé molto più spiccata rispetto agli altri, e in uno stile che punta a fondersi con la mente dei personaggi, è fondamentale.

Com’erano noiosi i parenti… Si aggrappavano a qualsiasi banalità, nel loro squallore; come se quella fosse la colla che li teneva attaccati tutti insieme.

Rents ama leggere, al punto che si ritrova a rubare libri; non si lascia abbindolare da ciò che dice la gente, ma cerca sempre una sua risposta. Mi è rimasta impressa una scena in cui si mette a leggere e a fare ricerche su libri di psicologia, per mettere in discussione sia se stesso, sia le teorie scritte. In alcune cose ammette di rivedersi e in altre no.

E allora, secondo Tom, non serve a un cazzo venirmi a dire che sono andato bene agli esami, che ho un buon lavoro o che sto con una bella ragazza; perché questo tipo di riconoscimento per me non significa niente. È chiaro che mi fa piacere, quando succedono queste cose, e che hanno un valore in se stesse, ma è un valore che non può essere sostenuto senza un riconoscimento da parte mia della società che lo considera come tale. Quello che Tom sta cercando di dire, credo, è che non me ne frega un cazzo. Perché?

Non poteva non rimanermi impresso il paragrafo più famoso, che ha reso celebre il libro e il personaggio stesso di Rents:

La società s’inventa una logica assurda e complicata, per liquidare quelli che si comportano in un modo diverso dagli altri. Ma se, supponiamo, e io so benissimo come stanno le cose, so che morirò giovane, sono nel pieno possesso delle mie facoltà eccetera eccetera, e decido di usarla lo stesso, l’eroina? Non me lo lasciano fare. Non mi lasciano perché lo vedono come un segno del loro fallimento, il fatto che tu scelga semplicemente di rifiutare quello che loro hanno da offrirti. Scegli noi. Scegli la vita. Scegli il mutuo da pagare, la lavatrice, la macchina; scegli di startene seduto su un divano a guardare i giochini alla televisione, a distruggerti il cervello e l’anima, a riempirti la pancia di porcherie che ti avvelenano. Scegli di marcire in un ospizio, cacandoti e pisciandoti sotto, cazzo, per la gioia di quegli stronzi egoisti e fottuti che hai messo al mondo. Scegli la vita.
Beh, io invece scelgo di non sceglierla, la vita. E se quei coglioni non sanno come prenderla, una cosa del genere, beh, cazzo, il problema è loro, non mio. Come dice Harry Lauder, io voglio andare dritto per la mia strada, fino in fondo…

SPUD

Non lo sopporto, questo fatto che a Mark piace far male agli animali… è una cosa sbagliata, ragazzi. Uno non può amare se stesso se poi vuol fare male a un cosino come quello… voglio dire… che speranze ci restano allora? Quello scoiattolo è un amore. E si fa i cazzi suoi. È libero. Anzi, magari è per questo che gli sta sul cazzo, a Rents. Lo scoiattolo è libero, ragazzi.

Un altro personaggio che mi è piaciuto molto è Spud. Ho adorato il suo modo di parlare (e quindi narrare). Ripete la frase “Non per dire” di continuo e, anche se può dare sui nervi, è un modo facile per capire quando la narrazione è tornata su di lui.

Gatti

A che serve ragionare con certi gatti? Tu dici ’ragione’ e quello ti miagola ’coglione’. Che roba, eh?

Da amante dei gatti, poi, non poteva non rimanermi impresso il suo definire tutti Gatti, e parlare di loro attenendosi a quel linguaggio.

“Begbie forse si accorge di aver esagerato, eh, non per dire, ma se è esagerato per lui, figuriamoci. Tira dentro gli artigli, gattone. Falle vedere a tutti, quelle zampine soffici. È un gattaccio, questo, una pantera grossa e molto feroce.”

DAVIE

Mi ricordo che nel periodo punk c’erano i Sex Pistols che dicevano che ’nessuno è innocente’. Quant’è vero. È anche il caso di dire, però, che certe persone sono più colpevoli di tante altre.

Oltre ai personaggi principali, ce ne sono tanti secondari di cui osserviamo saltuariamente solo alcuni momenti o storie.
Davie compare all’improvviso nella narrazione e ci racconta una storia scioccante, che ha come temi principali l’AIDS, la vendetta e la voglia di sfruttare il tempo concesso.

Siamo riusciti a trovare qualcosa, l’uno nell’altra, che probabilmente non avremmo mai potuti darci in una situazione diversa. O magari sì. Ma comunque non stiamo lì ad analizzare troppo le cose, perché il tempo è un lusso che non ci possiamo permettere.

Mi è piaciuta l’alternanza tra il lato umano e quello disumano, l’illusione di riuscire a tenere il punto quando in realtà questo punto non c’è.

Non avrei dovuto aspettare tanto tempo, per diventare un essere umano. Meglio tardi che mai, però. Questo è sicuro.

Per concludere, riconosco che non sia un romanzo per tutti, tuttavia lo consiglio per ciò che riesce a mostrare e a lasciare, per quanto crudo e tremendo possa essere.

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