Recensione: “Obsidian” di Jennifer Armentrout

«Ah, sono proprio contenta. Era ora che uscissi dal guscio.»
Non sapevo di averne uno.

Titolo: Obsidian
Serie: Lux #1
Autore: Jennifer L. Armentrout
Editore: Giunti
Pagine: 336
Prezzo: Copertina rigida 10,20€ – Brossura 5,87€ – ebook 4,99€
Reperibilità: Online e in libreria

 

 

«Nessun ragazzo ti ha mai detto che sei bella?».
Non era il primo a farmi un complimento, ma era la prima volta che m’importava.

DAL WEB

Kathy è una blogger diciassettenne con un grande sense of humour, si è appena trasferita in un paesino soporifero del West Virginia, rassegnandosi a una noiosa vita di provincia, noiosa finché non incrocia gli occhi verdissimi e il fisico da urlo del suo giovane vicino di casa. Daemon Black è la quintessenza della perfezione. Poi quell’incredibile visione apre bocca: arrogante, insopportabile, testardo e antipatico. Fra i due è odio a prima vista. Ma mentre subiscono un’inspiegabile aggressione, Daemon difende Kathy bloccando il tempo con un flusso sprigionato dalle sue mani. Sì, il ragazzo della porta accanto è un alieno. Un alieno bellissimo invischiato in una faida galattica, e ora anche Kathy, senza volerlo, c’è dentro fino al collo. Salvandola, l’ha marchiata con un’aura di energia riconoscibile dai nemici che li hanno aggrediti per rubare i poteri di Daemon. L’unico modo per attenuare questo pericoloso marchio è che Kathy stia più vicina possibile a Daemon. Sempre che lei non lo uccida prima…

Si regà, lo so, già leggendo questa trama ogni accanimento sembra superfluo…ma sapete quanto io adori i libri balordi.

«Tua sorella si comporta come se fosse colpa sua.»
«Non le piace quando le persone soffrono» disse in tono gentile. «E chi ci sta intorno soffre spesso.»

Si confermo, anche io più di una volta ho sofferto nel leggervi.

Ogni tanto sento il bisogno di leggere un libro balordo, qualcosa che so già mi farà ridere, venir voglia di aggredire fisicamente i personaggi e odiare più del solito il sistema editoriale che incoraggia certe porcherie. Ci vuole, ogni tanto ci vuole.

Devo ammettere che Fallen (la perla che ho recensito QUI) è ancora il balordo imbattuto, ma questo ci è andato vicino.

PREMESSA

Vi incollo la stessa premessa presente nella recensione di Fallen, visto che ci andrò giù pesante anche stavolta:

Non ho dimenticato cosa vuol dire essere adolescenti, confusi e con gli ormoni a mille. Ho alle spalle talmente tanti film mentali e amori platonici da poter scrivere un libro (no, non lo scriverò), tuttavia, quando questo lato adolescenziale viene portato all’estremo, stereotipato, trattato con superficialità e spacciato come se fosse una cosa normale, e soprattutto quando si punta alla bassa autostima delle lettrici adolescenti per farle immedesimare, allora lì mi girano le balle, e do il peggio meglio di me.

Il mio animale spirituale durante l’adolescenza.

PERSONAGGI

C’era qualcosa che non andava in quel ragazzo.
In tutti loro.

Confermo di nuovo. Anche solo definirli personaggi penso sia azzardato. Ci troviamo davanti ad degli stereotipi ripieni di banalità e squallore.

Campanellino sotto anfetamine – Dee

I raggi del sole le creavano un sorta di aura intorno alla chioma scura e sulle labbra aveva un sorriso birichino.
Sembrava la regina delle fate. O Campanellino sotto anfetamine, visto quant’era agitata.

Visto il via libera alle similitudini balorde, io la definirei più come un incrocio tra una strafiga e un My little pony.

Li conosco solo per esigenze lavorative, giuro.

Questa tipa sembra uscita dal cilindro, ha ancora il cartellino al cervello. Scopre che la protagonista, appena trasferita di fronte, ha la sua età, la insegue fino al supermercato e decide di adottarla prenderla come sua migliore amica forever. E guai a chi rovina i suoi progetti, altrimenti questa aliena cazzutissima che ha viaggiato anni luce nell’universo si metterà a piangere ogni due minuti.

«Daemon, non fare così» bisbigliò Dee mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. «Ti prego, lei mi piace
E l’imprevedibile accadde. Daemon la guardò con tenerezza. «Dee…»
«Ti prego» ripeté lei, saltellando sul posto come una bambina, una scena piuttosto buffa considerato che era altissima. Avrei voluto picchiarlo, quell’idiota, per averla costretta a elemosinare un po’ d’amicizia.

Solo a me sembra una bambina che cerca di convincere il padre a prendergli un furetto alla fiera? In tutto il libro è sempre così. A livello narrativo, funge solo da collante tra la protagonista e il figo.

Il cattivone cucciolotto mezzo nudo – Daemon

Per un attimo non feci altro che fissarlo. Era il ragazzo più bello che avessi mai visto ma anche uno stronzo totale. Figurarsi.

Lui è il figo di turno, bellissimo, stronzo come pochi, squallido, sempre mezzo nudo e piatto come un foglietto. Eppure vi posso assicurare che, fra i tre, è quello che ha più cervello. Immaginate.

Sempre mezzo nudo

Era l’una passata e Daemon aveva l’aria di uno che era appena sceso dal letto. Aveva i jeans tutti stropicciati, i capelli arruffati. Si strofinava il mento col palmo della mano parlando al telefono con qualcuno.
A torso nudo.
«Ma non ha magliette?» domandai, agguantando una vanga. […] Come aveva fatto, grande e grosso com’era, a muoversi in maniera così silenziosa? Incredibile ma vero, oggi indossava una maglietta. Non sapevo se essere contenta o delusa.
Carattere di merda a parte, era bello da morire.

Cioè questo ragazzo è mezzo nudo talmente spesso che, quando è vestito, la gente si stranisce.

Cattivone, ma con un cuore

«Non sono piccola. Ho diciassette anni.»
«Ah, è così?» disse lui divertito. «Io te ne avrei dati dodici. No. Forse tredici, mia sorella ha una bambola di là che mi ricorda proprio te. Tutta occhi, con la faccia da tonta.»
Gli ricordavo una bambola? Una bambola tonta?

Da notare come lui già dal primo incontro l’abbia inquadrata subito.

«Che si dice?»
Essendo ricoperta di terra, con tante piante intorno, pensavo che fosse abbastanza ovvio. «Stiamo sistemando…»
«Non dicevo a te» tagliò corto lui e si girò verso la sorella, che nel frattempo era diventata tutta rossa in viso. «Che cosa stai facendo?»

Daemon ovviamente deve far salire l’ormone delle lettrici furette, quindi cosa c’è di meglio di uno stronzo bellissimo che, alla fine, rivelerà di avere un cuore e che solo la protagonista sarà in grado di aprirlo?

«Io non mi ero mai divertito tanto. Ti sembrerà stupido, ma…»
«Non lo è.» Mi si strinse il cuore.
Sapevo cosa voleva dire. Improvvisamente capii che sotto quella scorza dura voleva solo essere un ragazzo come tutti gli altri. […] Daemon alzò gli occhi al cielo e finalmente la maschera che indossava sempre scivolò via, lasciandomi intravedere il dolore che provava, una vulnerabilità che pochi dovevano aver visto in lui. […]Lui non mi piaceva. Anzi, era proprio un coglione. E per di più lunatico. Ma certe volte, per un attimo… un nanosecondo… mi sembrava di intravedere il vero Daemon. O almeno un Daemon migliore. Quel lato di lui m’incuriosiva.
Quell’altro invece, quello burbero, be’… mi eccitava.

 

La bambola stupida – Katy

Avere finalmente il collegamento a internet era meglio che sentirsi chiedere il numero di telefono da un bel ragazzo.
Su questo, non avevo dubbi.

Come sempre, vi ho lasciato il meglio per ultimo: la protagonista furetta, stupida e antipatica da morire.

LUCE VS KATY

Il paragone con Luce, la protagonista di Fallen e personaggio balordo ancora imbattuto, sorge spontaneo. Con Luce ti rendi subito conto che non ci arriva proprio, che è fatta così, con un cervello sgonfio e ne è del tutto inconsapevole. È come affezionarsi ad un cane che considera la sua coda un nemico. Luce è talmente limitata che alla fine la prendi in simpatia, ma Katy no, lei è proprio da prendere a secchiate d’acqua in faccia, a colpi in testa e lanciargli addosso qualsiasi cosa perché, oltre ad essere antipatica da morire, dà l’idea di avere una minima intelligenza di base ma che, per qualche motivo, decida di non usarla MAI.

Giusto per rafforzare il concetto, userò come titoli le frasi che questo romanzo mi ha fatto dire più spesso. (Sì, io parlo con libri, computer e televisore.)

«A QUESTA TRA UN PO’ SERVIRÀ UN COLLIRIO.»

«Hai un blog?» Si voltò a guardarmi appoggiandosi alla colonna, con una vaga espressione di derisione dipinta in volto.
Aveva pronunciato la parola blog come se fosse una brutta malattia.

L’autrice secondo me si considera una volpona. Sa che ormai i blogger, i social e il fandom in generale costituiscono buona parte del successo, quindi ha pensato bene di gettare strizzatine d’occhio ad ogni categoria che è riuscita ad infilare nel romanzo, come se noi fossimo scemi e non ci accorgessimo di quanto queste siano appiccicate lì senza contesto e per nulla approfondite.

Nessuno che conoscessi di persona si era mai interessato seriamente al mio blog. La lettura era una passione che condividevo solo con i miei amici virtuali.

I blogger

Da quando ci eravamo trasferite, non ero più riuscita a scrivere niente sul mio blog e mi sentivo come se mi avessero tagliato un braccio o una gamba.

Al contrario, mi guardava con un’espressione di bonaria rassegnazione, la stessa che avevo io quando dovevo scrivere una recensione negativa su un libro che mi aspettavo fosse spaziale.

Fermandomi a un tavolo libero, presi posto con un piccolo sospiro di gioia.
Adoravo immergermi nella lettura. I libri erano un rifugio.

Quest’ultima vince il Premio Banalità

 

Corsi di sopra e accesi il computer per dare un’occhiata alla recensione che avevo pubblicato la sera prima. Nessun commento… La vita era una merda. Ma avevo ben cinque nuovi utenti! La vita non era più una merda.

Questa è un po’ più decente, ma una secchiata se la prende comunque perché il suo modo di parlare dà sui nervi.

Harry Potter

«“Colui che non deve essere nominato”.»
Dee rise così forte che tutti si voltarono verso di noi. «Citazione divertente!»

Ovviamente strizziamo l’occhio anche al fandom più grande che ci sia, per coprire un numero bello alto.

Amanti dei libri

Di ritorno a casa, però, trovai davanti alla porta una pila di pacchetti e i brutti pensieri svanirono. Ne afferrai uno con un gridolino di gioia. Erano libri… libri freschi di stampa che avevo ordinato settimane prima.

Strizzatina agli amanti dei libri, come se non fosse banale amare l’odore delle pagine nuove.

Adolescenti trascurati

Gran parte dei genitori si sarebbe tagliata il braccio sinistro piuttosto che lasciare la figlia adolescente da sola tutto il tempo, ma non lei. Lei si fidava di me, perché non le avevo mai dato motivo per non farlo. Eppure ci avevo provato. Evidentemente non abbastanza.
Okay, ero la classica brava ragazza.

Ma soprattutto un espediente narrativo per far fare alla protagonista tutto quello che vuole senza troppi problemi.

 

«NO VABBÈ MA IO TIFO PER I CATTIVI, FATELA FUORI»

La mamma mi fissò con una strana luce negli occhi. «Sai… oggi ho visto una cosa interessante.»
Ah, che pazienza. Sorrisi. «Cosa?»

Katy fondamentalmente tratta tutti come se fossero dei bambini o avessero dei problemi. E con Dee ci azzecca eh, ma con tutti gli altri dà sui nervi. Anche perché, tra poco vedrete, nemmeno lei è una cima.

«Andrò a vedere, ma sai com’è, gli scatoloni non si disfano da soli.» Le rivolsi un’occhiata di sfida. La adoravo ma l’ordine non era proprio il suo forte.

È arrogante da morire ma, quando la sua autostima subisce un soffio di vento, subito cade a frignare. Immaginatela con un figo di turno costruito per essere stronzo.

Lacrime di rabbia e imbarazzo mi salirono agli occhi. Infilai la chiave e ingranai la retromarcia. Secondo la mamma, dovevo almeno provarci. Ecco cosa accadeva a chi ci provava.

Più o meno le lagne sono tutte così, alternate da lei che rosica perché non capisce che lui la tratta male di proposito.

Abbassai lo sguardo. Sul davanti della mia maglietta c’era scritto IL MIO
BLOG È MEGLIO DEL TUO VLOG.
Che c’era di sbagliato?

Che sei spocchiosa da matti, per esempio.

 

«MA QUANTI ANNI HAI?»

«Mi sa che sembro un gatto spelacchiato.»
«Invece stai bene. Il look bagnato ti dona» ribatté lui.
Misi il broncio. «Bugia.»

Kathy ha un modo di esprimersi odioso, soprattutto nella narrazione, che è in prima persona. Utilizza termini che richiamano all’infanzia come “bagnetto” o “pizzicorino”, ma la cosa che più me l’ha fatta odiare è l’esagerazione tipica dell’infanzia. O dei cartoni animati.

L’invidia mi stava consumando. Io non avevo il dono di un metabolismo altrettanto veloce. Lo dimostravano i miei fianchi e il mio sedere. Non ero grassa ma mi dava un gran fastidio quando la mamma diceva che ero «formosa». «Che ingiustizia… io mi mangio un pacchetto di patatine e metto su tre chili all’istante

 

Mi tolsi le scarpe con movimenti lenti e accurati, fingendo di godermi il paesaggio, quando invece stavo per morire d’infarto.

Entrare in acqua era l’ultima cosa che avrei voluto fare in quel momento.
Ponderai la possibilità di affogarlo. Ma poi si tolse le scarpe e si sfilò i jeans.

Qui l’autrice si rende conto che è un po’ troppo, quindi cerca di approfondire il pensiero, per renderlo più intelligente.

Daemon non mi piaceva e, sì, avevo anche preso in considerazione la possibilità di affogarlo, ma non volevo davvero che morisse.

 

«Un orso?!» esclamò Dee con gli occhi fuori dalla testa. «Oh merda, e cos’è successo?»

Non mi resi conto di quanto fosse tardi finché la bibliotecaria non spense gran parte delle luci e dovetti ritrovare la via del banco prestiti a tentoni.

Appena uscii, sul marciapiede si riversò uno scroscio d’acqua così violento che per poco non affogai.

Mi girai di scatto verso di lui.
«Bello?»
«Già… tutto l’entusiasmo che ci metti» disse scrollando le spalle. «È bello.»
La mia mandibola a quel punto sbatté a terra.

 

«QUESTA NON STA BENE»

Avrei tanto voluto dire qualcosa di intelligente, o di malizioso, ma lui mi guardava in un modo… non sapevo più nemmeno come mi chiamavo.

Vorrei trovare un modo più professionale per definirla, ma rischio di non rendere il concetto abbastanza chiaro: Katy è cretina come pochi.
Non solo spesso la sua logica ha dei buchi, ma in generale in qualunque situazione lei dirà o farà la cosa più stupida.

Cominciamo subito con la logica fallace:

Mia mamma sosteneva che «Katy e i suoi libri» fosse tutta la mia vita. Non era proprio così, ma aveva comunque la sua importanza. Cosa poteva saperne lei, del resto? Non amava leggere quanto me.

Ma che vuol dire?

 

Se non altro avevo smesso di saltare a ogni minimo scricchiolio, come avevo fatto ogni santo giorno da quando ci eravamo stabilite nella cara vecchia West Virginia, e più precisamente nella casa degli orrori. Aveva persino una torretta… ebbene sì. Che diavolo avrei dovuto farmene di una torretta?

Io qui ho vacillato un attimo. Non le piace avere una torretta? Seriamente?

 

«Bambina mia, lo so che piuttosto che fare qualcosa di stupido, ti butteresti dalla finestra. Ma almeno, una volta tanto, provaci.»
Il problema era che non sapevo “provarci”.

Per la verità, a quanto ho letto, ti riesce benissimo. Non essere così dura con te stessa.

 

Ketterman non era nemmeno una vera città. Il posto più vicino era Petersburg, una cittadina con un paio di incroci al massimo, circondata da altri paesotti sicuramente sprovvisti di Starbucks.

Eh certo perché starbucks è la prima cosa.

Teneva entrambe le sopracciglia alzate ora, come se si stesse domandando come facevo a essere così tonta,

E me lo chiedo anch’io in effetti…

 

«Daemon, cosa sei?»
Lui mi rivolse un sorriso amaro e si strofinò la testa con il palmo della mano.
«È complicato.»
«Dimmelo, ti prego. Devi dirmelo o faccio un’altra scenata» lo avvertii. Ero seria.

Fa pure le minacce eh, mica scherza.

 

«Lo sai benissimo.» Si stava facendo buio e non la vedevo bene in viso.
Evidentemente nel suo quartiere i lampioni non usavano.

Ma mica è una moda l’illuminazione stradale!

 

A quel punto ribattei con la prima cosa che mi venne in mente, forse non la più intelligente (e di norma non ero la tipa che rispondeva per le rime), ma quel tizio aveva proprio il potere di mandarmi in bestia. «Tu non m’impedisci un bel niente.»

Lei ci prova a sembrare sveglia, ma proprio non ce la fa.

 

Dee si era impegnata tanto a farmi un’acconciatura alta, con qualche boccolo che mi ricadeva qua e là sulle tempie e sulle spalle nude. Mi aveva addirittura spruzzato una cosa glitterata alla vaniglia così, quando mi muovevo, brillavo tutta. Il trucco rendeva più intenso il castano dei miei occhi. Doveva avermi messo anche le ciglia finte, perché di sicuro le mie non erano mai state tanto lunghe e folte.

Quindi ad un certo punto ti ha tramortito o ti sei addormentata? Fidati te ne saresti accorta se ti avesse messo delle ciglia finte.

Era davvero una follia… la più grande che avessi mai fatto. Peggio che dare una sola stellina a un libro,

Quindi la mia è proprio una vida loca.

Eccomi.

«Perché non vieni qui?»
Per nulla al mondo mi sarei avvicinata a lui. Nemmeno se mi avesse agitato davanti un biscotto. Non mi fidavo.

Beh se non basta nemmeno un biscotto allora sei proprio determinata…

E questo dà il via ad una scena allucinante, che vi riporto qui di seguito, insieme ai miei pensieri quando l’ho letta.

Dall’oscurità vidi emergere un uomo. La pioggia gli colava giù dai capelli chiari, appiccicandogli le ciocche più lunghe alla fronte. Gli occhiali dalla montatura sottile gli erano scivolati sul naso adunco e se ne stava lì a guardarmi con le braccia strette intorno al corpo esile, tremando leggermente.
«Ho bucato» urlò per superare il rumore della pioggia che batteva sul tettuccio, indicando un punto dietro di sé. «Speravo che lei potesse avere una chiave inglese.»
Ce l’avevo, ma ogni singola fibra del mio corpo mi urlava di dirgli di no.

E allora digli di no, che aspetti?

D’altro canto, però, quel tizio non sembrava capace di far male a una mosca.

Ma quando mai i maniaci o gli psicopatici hanno una targhetta sulla fronte?

«Non saprei» risposi più debolmente di quanto avrei voluto. Mi scostai i capelli dal viso e, schiarendomi la voce, aggiunsi: «Cioè, non so se ce l’ho».
L’uomo mi sorrise, a disagio. «Non ho scelto un gran momento, eh?»
«Eh no.» Spostai nervosamente il peso da un piede all’altro.
Da un lato avrei solo voluto andarmene,

Ecco, brava, chiuditi in macchina e fila via.

ma una parte di me, una parte enorme a dire il vero, non era mai stata brava a dire di no.

Ma seriamente stai osservando il galateo?

Esitai davanti allo sportello mordendomi il labbro inferiore.

Seh, giacchè, mostra pure una coscia…

Non potevo lasciarlo lì sotto la pioggia. Aveva un’aria così triste. La compassione vinse sul timore.

Ma quanto può essere deficiente una così? Potrebbe essere un maniaco, ma lo aiuti perché ti sembra triste?

Non avevo scuse per abbandonarlo sapendo di poterlo aiutare. Se non altro la pioggia si stava attenuando.

Si cretina, eccome se ce ne avevi. Bastava dire di non avere la chiave inglese, chiuderti in macchina e chiamare i soccorsi.

E ovviamente, lo sviluppo è telefonatissimo.

Gli davo le spalle da pochi istanti, quando sentii un soffio d’aria gelida sulla nuca. L’adrenalina iniziò a pomparmi nelle vene, il cuore partì al galoppo e la paura s’impossessò di me.
«Voi umani siete così stupidi, così ingenui…»

Alieno cattivo, ti posso assicurare che lei è un caso speciale, ma io comunque tifo per te.

Daemon mi guardò incredulo, con gli occhi sgranati. «Uno sconosciuto ti si avvicina con la scusa di aver bisogno di aiuto, in un parcheggio deserto, e tu… lo aiuti? È stata la cosa più stupida che potessi fare.» Si mise a braccia conserte e mi guardò con aria di rimprovero. «Adesso mi verrai anche a dire che accetti caramelle da chiunque e ogni volta che vedi un furgone con su scritto “Cuccioli in regalo”, ci sali.»

Anche il tipo figo ha capito quanto è cretina.

Ma dopo un’esperienza del genere avrà messo su un po’ di cervello, no?

Quante possibilità c’erano che, in una cittadina così piccola, un’altra ragazza fosse morta la stessa notte in cui ero stata aggredita? Doveva essere una coincidenza.

No.

Silenzioso come un gatto, Simon riapparve senza lasciarmi il tempo di esultare per quella incredibile vittoria. «Pronta?» disse guardando prima me poi Daemon. «Si stanno avviando tutti alla festa.»
Daemon m’intimò con lo sguardo di non ascoltarlo e fu proprio per questo che mi decisi ad andare. Si sbagliava se credeva di potermi controllare. E di grosso, anche.

Assolutamente no.

«Guarda che l’arroganza non ti rende più attraente.» Daemon mi prese il volto fra le mani e si chinò. Ero intrappolata fra una lampada e la TV. Quando parlò, il suo respiro mi accarezzò le labbra. «Ogni volta che dici una bugia, arrossisci.»

Dai su, rispondi a tono. Fai vedere che non può rigirarti come un pedalino.

«Naaa…» In quel momento non mi venne in mente niente di più intelligente da ribattere.

E figuriamoci.

 

«LUI HA UNA GRANDE PAZIENZA CON LEI EH, C’È DA DIRLO.»

Feci un bel respiro e mi preparai a correre, a lottare, se necessario. «Cosa vuoi farmi?»
Quando finalmente parlò, gli tremava la voce. «Cosa voglio farti…?»
«Ora che so chi sei, rappresento una minaccia. Vuoi… darmi fuoco…?»
«Perché mai ti avrei raccontato tutto questo, se avessi avuto intenzione di eliminarti?»

Lui come ho detto un po’ di cervello ce l’ha, il minimo sindacale eh, niente di eccezionale. Ogni tanto prova anche a spiegarle qualcosa o fare un discorso serio, ma è come parlare ad una cotoletta.

[Daemon] «Che le persone più belle, quelle veramente belle, sia dentro che fuori, sono proprio quelle meno consapevoli dell’effetto che hanno sugli altri.»

E ovviamente lei non ci ha capito una cippa:

A quelle parole, non riuscii più a trattenermi. Mi misi a ridere. «Scusami tanto, ma non mi aspettavo proprio di sentire uscire una cosa simile dalla tua bocca. Cos’è successo al Daemon che conoscevo, l’hanno rapito gli alieni? No perché, se vogliono, possono tenerselo.»

Ma lui non demorde, non vuole rassegnarsi al fatto di averla inquadrata già dal primo momento, quindi prova a spiegarle qualcosa:

Arrivarci non è semplice, perché bisognerebbe invadere la proprietà di qualcuno, ma se riesci ad arrivare oltre i 275 metri d’altezza la vista è impagabile» concluse in tono malinconico.
«Mmm, bello.» Il sarcasmo con cui lo dissi era evidente così cercai di rimediare con un sorriso sofferente.

Ah beh ora sì che va meglio…

 

«MA LI CONOSCI DA 5 MINUTI!»

Feci un respiro profondo. «Daemon, quello non era uno squilibrato qualsiasi.»
«Disse l’esperta…»
«Un mese in tua compagnia equivale ad avere un master in psichiatria» sbottai e mi allontanai lanciandogli un’occhiataccia.

Ma in quel mese vi sarete visti tre volte, tre sedute quindi…

Mi feci coraggio «Noi siamo amiche, vero?»
«Ovvio!» Dee mi fissò con gli occhi sgranati. «Daemon fa sempre di tutto per spaventare le mie amiche, ma tu sei quella che dura da più tempo… ormai sei la mia migliore amica…»

Ma vi conoscete da due settimane!

«Non vi tradirei mai.»
Ed ero vero. Dee era come una sorella, ormai.

Ripeto: vi conoscete da due settimane!

 

«MA COM’È CHE OGNI SCENA SI TRASFORMA IN UN PORNO?»

«È così che impieghi il tuo tempo libero?» mi domandò Daemon ignorando la sorella.
«Ah… ora hai deciso di parlare con me?» dissi sorridendo e afferrai una manciata di pacciame. Lo schiacciai a terra, bagnandolo con un po’ d’acqua.
«Sì, è una specie di hobby. E il tuo qual è? Prendere a calci i cuccioli?»
«Non credo sia il caso di dirtelo davanti a mia sorella» rispose lui, malizioso.
«Per favore…» Dee fece una smorfia di disgusto.
Le immagini che mi saltarono in mente in quel preciso istante erano tutte rigorosamente vietate ai minori e, a giudicare da come mi guardava, Daemon lo sapeva.

Non avete idea dello squallore allusivo che c’è in questo libro. È forse la cosa che mi ha dato più fastidio. Ogni scena viene impostata o per fare battute sconce di basso livello o per creare un vero e proprio set pornografico per dare spazio ai pensieri torbidi. E ovviamente è tutto fuffa, è solo per stimolare l’immaginazione delle furette che leggono. Oltre che di cattivo gusto, è davvero inutile.

«Sei sporca.»
Sgranai gli occhi. Modalità finta tonta.
Ora. «Come, scusa?»
«Sei sporca» ripeté lui, a voce bassa perché Dee non potesse sentire. «Di terra, Kitty, cos’hai capito?»
«Io? Niente» dissi sperando che si allontanasse almeno un po’. Non ero esattamente a mio agio ad averlo così vicino. «Sto facendo giardinaggio. Ci si sporca.»
Il suo labbro ebbe un fremito. «Si può essere… sporchi in molti altri modi, ma non ho intenzione di mostrarli a te.»

Addirittura c’è una scena in cui lei, tutta fradicia con i vestiti appiccicati al corpo fa “il bagnetto all’auto” e lui ovviamente si unisce a lei. Ci manca solo la musichetta in sottofondo.

«Sembrava che stessi per lanciarla via.» E col gomito fece cenno verso la spugna che galleggiava sulla schiuma.
«Così mi sono detto, magari faccio la mia buona azione quotidiana e intervengo prima che ci rimetta quella povera spugna innocente.»
Mi scostai i capelli bagnati dagli occhi, incerta su cosa dire. Daemon si chinò, afferrò rapidamente la spugna e la strizzò. «Il bagno l’hai fatto a te, piuttosto che alla macchina.
Non immaginavo fosse tanto difficile, ma sono rimasto a guardarti per una quindicina di minuti ed è bastato a convincermi che dovrebbe essere ammessa fra le discipline olimpiche.»
«Mi stavi guardando?» Inquietante.
Anzi, intrigante. No, intrigante no!

 

«O potremmo fare sesso. Ho sentito dire che si consuma un sacco d’energia.»
Rimasi a bocca aperta. Una parte di me avrebbe voluto ridergli in faccia.
Un’altra era offesa anche solo dal fatto che avesse suggerito una cosa simile… e un’altra ancora… be’, non rideva affatto. L’idea non le dispiaceva.

Mio dio tesoro, un po’ di dignità.

 

«ORMONI, ORMONI OVUNQUE»

«Avevi notato che i vicini sono due ragazzi pressappoco della tua età?»
Drizzai le orecchie come un cane da caccia. «Ah, sì?»

Gli ormoni della protagonista sono la seconda cosa più fastidiosa, subito dopo lo squallore generale. L’autrice vuole farci capire in tutti i modi che Daemon è un figo da paura, ogni dialogo, ogni rigo, ogni secondo.

«Sì?» Le sue labbra piene, da baciare, s’incresparono in una smorfia d’impazienza.
Aveva una voce ferma e profonda, il tipo di voce di chi è abituato a essere ascoltato e accontentato senza obiezioni.

Ha detto solo “Sì” uh signur…

«Non ho fatto in tempo a portare dentro la spesa che Daemon si è mangiato metà del mio pacchetto di patatine, i miei due gelati e mezzo barattolo di burro d’arachidi.»
Mi misi a ridere. «Accidenti… e come fa a essere così…» Figo. «Magro?»

E dai su, un po’ di contegno…

«È sempre così difficile fare amicizia con lui fra i piedi» mormorò lei guardandosi le mani. «Li fa scappare tutti.»
«Non mi dire…» Non mi spiegavo tanta possessività. Mi tremavano ancora le mani e, sebbene se ne fosse andato, lo sentivo ancora… sentivo il suo calore su di me. Non volevo ammetterlo ma era stato… eccitante.

Niente, non riesce nemmeno a concentrarsi su una conversazione.

«Se non sei venuto a porgermi le tue false scuse, allora perché sei qui?» Non riuscivo a smetterla di guardargli le labbra. Sicuro al cento per cento che baciava bene. Niente baci umidicci e disgustosi, ma di quelli che ti facevano arricciare le dita dei piedi.
Dovevo smettere di guardarlo in generale.

E magari iniziare ad usare il cervello, per esempio.

«Avrò un caratteraccio, ma la maggior parte della gente lo trova affascinante.»
Stavo per rispondere ma commisi l’errore di incrociare il suo sguardo.
Immediatamente fui catturata dall’intensità dei suoi occhi, da quel verde così simile alle zone più limpide delle Everglades. «Stento… a crederci.»

Non si può leggere un dialogo intero senza inciampare nei suoi ormoni.

Sotto aveva il costume… Si levò anche la maglietta con un unico, rapido movimento. Oh Dio santissimo. Ne avevo visti di ragazzi senza maglietta prima di allora (vivevo in Florida, e chissà perché lì tutti si sentivano in diritto di girare mezzi nudi) e avevo già visto anche lui. Non avrebbe dovuto essere una sorpresa.
Ma che mi prendesse un colpo…
Aveva un fisico statuario, molto più possente di quello dei ragazzi della sua età. Daemon si avvicinò con movimenti fluidi e aggraziati alla sponda, i muscoli che si contraevano a ogni passo.
Non so quanto rimasi a fissarlo prima che si decidesse a tuffarsi. Le guance mi andavano a fuoco. Mi resi conto che per tutto il tempo ero rimasta in apnea.
Dovevo darmi una calmata. O correre a prendere una macchina fotografica per immortalare quello spettacolo, perché sarebbe bastato un suo video per farmi fare un sacco di soldi. Sarei diventata ricca… Bastava solo che non aprisse bocca.

Questa ci perde paragrafi interi a spiegarci quanto è figo…

Daemon fece un ingresso da rock star con la sua andatura spavalda. Attirò l’attenzione di tutte su di sé, soprattutto quando passò il libro di trigonometria da una mano all’altra e si mandò indietro i capelli spettinati, lasciandoseli ricadere in disordine sulla fronte. Aveva i jeans un po’ calati sui fianchi perciò, quando alzò il braccio, s’intravide una porzione di pelle dorata, il che rese decisamente più sopportabile il pensiero che l’ora di matematica stesse per iniziare.

Pure in pseudo rallentatore becero.

Annuii, delusa nemmeno io sapevo per cosa. Il suo umore altalenante mi faceva sentire come sulle montagne russe, ma qualcosa in lui mi attraeva… qualcosa che proprio non riuscivo a spiegarmi.

Credo che tutti qui si siano fatti un’idea ormai…

Per un attimo mi limitai a guardarlo… era così bello, con quei capelli spettinati e gli zigomi illuminati dalla luce fioca della lampada. Le sue labbra s’incresparono in un mezzo sorriso e io… mi sentii svenire.
Continuai a fissarlo, senza parole.
Dopo un po’ Daemon alzò un sopracciglio. «Kat?»

Fa fatica anche a concentrarsi.

«Sei stato un maleducato,
Daemon. L’hai messo in imbarazzo.»
Poi a bassa voce: «E credevo che ricorressi ai poteri… solo in caso d’emergenza».
«Ma figurati, quello non era niente. Non ha lasciato tracce su nessuno.» Si era chinato e i suoi riccioli scuri mi avevano sfiorato la guancia. In quel momento avrei voluto chiudermi dentro all’armadietto… o, in alternativa, strappargli i vestiti di dosso.

Addirittura dimentica proprio il discorso.

Seppellii la testa nel cuscino. Il calore e il profumo di lui… così dolce deciso… mi strapparono un mugolio.

Cioè questa si sniffa pure le sue cose e mugola, qualcuno la fermi.

 

«VEDO CHE IL LIVELLO DELLA CONVERSAZIONE È ALTO»

Oltre ad essere squallidi, i personaggi non hanno niente di interessante da dire, a parte qualche parolaccia o frase fatta. Questo deriva anche dalla mancanza di trama e dallo stile scialbo dell’autrice. Tutto quello che si dicono è facilmente dimenticabile, e in alcuni casi per fortuna.

«Meglio che sentirsi dare del coglione, no?» E si allontanò dalla porta. «È stato proprio un incontro interessante. Ne serberò a lungo il ricordo.»
Okay. Basta così. «Sai una cosa? Hai ragione. Non sei un coglione.» Sorrisi educatamente. «Sei proprio una testa di cazzo.»
«Testa di cazzo» ripeté lui.
«Affascinante.»
Sollevai il dito medio.

Che principini eh?

 

«Daemon!» chiamò Dee dalla cucina.
«Ho bisogno di una mano!»
«Andiamo a vedere che combina prima che distrugga la cucina.» Si strofinò il viso con le mani. «Ne sarebbe capace.»

Banalissimo.

«Nei tuoi sogni, Kitty.» Poi sorrise, compiaciuto. «Ah, dimenticavo, di quelli sono già il protagonista.»
«Incubi, Daemon, incubi.»

Mamma mia quanta banalità.

«Non dirmi cosa devo fare!»
Daemon balzò in piedi e, con le braccia rigide lungo i fianchi, fece di nuovo quel giochetto con gli occhi. «Ho detto, siediti.»
Obbedii. Ma gli mostrai il dito medio.
Va bene, ora aveva deciso di condividere con me la sua alienitudine, ma non per questo gli avevo perdonato tutto.

Eh beh ci mancherebbe, è importante far valere le proprie idee.

TRAMA CHE VABBÈ…QUALE TRAMA?

Non avevo voglia di andarmene, non volevo abbandonare quell’angolo di mondo che ci eravamo ritagliati, l’unico posto in cui non litigavamo e non ci detestavamo.

Questo romanzo si può tranquillamente riassumere in un Twilight versione alieno, più squallido e scritto peggio.
L’autrice secondo me non aveva le idee chiare su cosa far succedere, quindi ha pensato bene di dare ai suoi personaggi alieni ogni potere esistente, per non togliersi nessuna possibilità. Non scherzo se vi dico che questi tizi posso fare qualsiasi cosa. È molto rischioso creare dei personaggi del genere, perché meno un personaggio ha limiti, più è difficile creare una trama che regga. Ma qui ci sono lacune elementari, quindi penso ci stiamo preoccupando per nulla.

«Noi veniamo da un pianeta oltre Abell.»
«Abell?»
«La galassia più distante dalla vostra, circa tredici miliardi di anni luce da qui.
Il nostro pianeta dista un’altra decina di miliardi di anni luce da lei. Voi umani non possedete telescopi o shuttle abbastanza potenti da vederla o raggiungerla. Né mai li avrete.» […] La nostra casa non esiste più. È stata distrutta quando eravamo piccoli. Per questo abbiamo dovuto andarcene e cercare un pianeta compatibile col nostro in quanto a cibo e atmosfera. Non che ci serva ossigeno, ma male non fa. Abbiamo dovuto imparare a fingere di respirare e ormai non ci facciamo più nemmeno caso.»

E miliardi e miliardi di anni luce paro paro la Terra avete trovato? Niente di più vicino?

«Eravamo troppo piccoli per conoscere il nome della galassia a cui appartenevamo e nemmeno sentivamo il bisogno di saperlo. Ma io me lo ricordo. Si chiamava Lux. E noi siamo i Luxen».
«Lux… significa luce.»

E quindi questi alieni lontani lontani come lo conoscono il latino?

«Se venite da un pianeta distante milioni di anni luce… allora avrete anche impiegato milioni di anni ad arrivare…» Il prof di fisica sarebbe stato fiero di me.
«No. Come avrai capito quando ho fermato quel furgone che stava per investirti, siamo in grado di piegare il tempo e lo spazio. Non so come funzioni, so solo che ci riusciamo.
Alcuni meglio di altri.»
Per quanto stentassi a crederci, non lo interruppi. Come aveva detto, ero stata testimone di fatti impossibili, perciò non ero la persona più adatta a giudicare.

Ma qui si tratta di logica, non di giudizio. Se questi possono piegare il tempo vuol dire che possono fare qualsiasi cosa, e quindi tutto quello che è accaduto finora potevano evitarlo.

«Sono i nostri nemici giurati.
Praticamente gli unici che abbiamo.
Loro sono come noi, ma all’opposto.
Vengono da un pianeta gemello. E hanno distrutto il nostro.[…]»

“Nemici giurati”? Oh poveri noi…

La trama era talmente debole che io ho finito per interessarmi alla protagonista e a tutti i suoi modi creativi per finire dei guai ed essere corcata di botte da chi capita. E anche queste scene erano tutte già viste e sentite.

«Tu mi mandi in bestia» sbottò Daemon con lo sguardo carico di frustrazione. «Quel tizio non ha una buona reputazione. Vorrei solo che stessi attenta.»
Lo fissai per un istante. Che fosse sinceramente preoccupato per me?
Quella eventualità non fece in tempo a balenarmi in testa che subito la scartai.
«Non mi succederà niente, Daemon. So badare a me stessa.»

E secondo voi non è telefonato ciò che succederà?

Spoiler

Tempo dieci pagine.

«Mi è giusto venuta voglia di fare una cosa.»
Lanciai uno sguardo al falò. Sembrava così lontano. «Che cosa?»
Simon allora mi piantò una mano sulla spalla e la strinse forte. Ora non provavo più soltanto disgusto. Si trattava di qualcos’altro. Era la stessa sensazione che avevo provato mentre l’Arum mi minacciava fuori dalla biblioteca. Simon mi strinse a sé e si chinò.
Fu un attimo. Le sue labbra s’incollarono alle mie. Puzzava di birra e mentine. Mugolò e mi spinse verso un albero senza che potessi oppormi. E anche se ormai non potevo più muovermi lui continuava a spingere sulle mie labbra serrate. Non riuscivo più a respirare. Gli misi le mani sul petto e con tutta la forza cercai di allontanarlo.

E figuriamoci, quando arriva il principe a salvare ‘sta cretina?

La pagina dopo:

Riuscii a prendere fiato un attimo e gridai: «Fermati, Simon!».
E Simon si fermò. Confusa e senza fiato, crollai a terra. Un istante dopo udii un tonfo e un gemito.
C’era qualcuno ricurvo su Simon, lo teneva per il colletto della camicia. «Per caso non capisci la lingua, bello?»
Riconobbi quella voce all’istante. Era lo stesso tono che Daemon aveva usato il giorno che ci eravamo parlati nel mio giardino, un tono fermo, minaccioso.
Fissava Simon e il suo respiro era pesante.

STILE

Nella mente mi risuonavano le parole d’incoraggiamento preferite di mio padre. «Su, Kittycat, non guardarti vivere.» Raddrizzai le spalle. Papà non si era mai guardato vivere…

NARRAZIONE PIGRA E BLANDA

Raramente mi sono trovata davanti ad uno stile così becero. Raccontato come se piovesse, punteggiatura a caso, espedienti beceri e banali, descrizioni inesistenti o messe nel posto sbagliato e, quando ci sono non sono, per nulla efficaci. Davvero tremendo.

«Ah, quindi non siete di qui nemmeno voi?»
Il sorriso le morì sulle labbra e distolse lo sguardo. «No, non siamo di qui.»
«I tuoi si sono dovuti trasferire per lavoro?» chiesi, anche se non riuscivo proprio a immaginare che carriera si potesse fare in un luogo del genere.
«Già, lavorano giù in città. Non li vediamo molto.»
Ebbi l’impressione che non mi stesse dicendo tutto.

Che arguzia, mamma mia.

Eppure non riuscivo a togliermi dalla testa l’impressione che mi stesse sfuggendo qualcosa. E che in qualche modo c’entrassero i gemelli.

Sempre più arguta.

Il mio riflesso mi fissava dallo specchio, mentre me ne stavo lì con un costume da un lato e uno dall’altro. Quella ero io: capelli castano chiaro, lunghi fino a metà schiena; occhi marroni, non magnetici ed espressivi come quelli di Dee; labbra piene, ma non belle come quelle della mamma.

Classica scena dello specchio per descrivere la protagonista.

Scavalcando un altro albero sradicato, vidi apparire davanti a me una radura, al di là degli alberi.
«Benvenuta in paradiso» disse con un ghigno sardonico sulle labbra.
Ignorandolo, feci ingresso nella radura. Ero stupefatta. «Wow. Questo posto è meraviglioso.»
«Già.» Daemon era in piedi accanto a me, con una mano si riparava gli occhi dal riverbero del sole sull’acqua.
Si capiva che quello era un posto speciale per lui. Ero contenta. Gli posai una mano sul braccio e lui si girò a guardarmi. «Grazie di avermici portata.»

Ma non dimenticate qualcosa? La descrizione!

La radura era attraversata da un ruscello che si gettava in un piccolo lago naturale. La sua superficie s’increspava al soffio del vento. Al centro spuntava un gruppetto di rocce piatte e lisce. Per puro caso il prato intorno al lago formava un cerchio perfetto, ricoperto d’erba bassa e fiorellini selvatici.
Tutt’intorno regnava una gran pace.

E che descrizione poi… ma da dove parte questo ruscello? Non hai sentito il rumore dell’acqua?

Forse stavo già dormendo, quando sentii la voce di Dee, lontana e attutita.
«Io l’avevo avvertita.»
«Lo so.» Pausa. «Non preoccuparti.
Questa volta non permetterò che accada nulla di male. Te lo prometto.»
Silenzio, seguito da altri bisbigli.

Altro cliché del protagonista che sente discorsi importanti fingendo di dormire…

Daemon si sporse rapidamente inavanti e mi posò una mano sul ginocchio. M’immobilizzai. I suoi occhi mi fecero loro prigioniera.

Ma che banalità.

Ci fermammo appena prima di oltrepassare le porte a vetro appannate e
Simon mi diede un abbraccio strano.

E come sarebbe un abbraccio strano?

Si avvicinò. Esssistono torture ben
più convincenti di quelle fisssiche.
Forse è di quessste che hai bisssogno…

Attenzione ci sta anche il cattivo sibilante.

La morte era davvero piena di sofferenza, rabbia, disperazione. Non c’era pace. Era così ingiusto… dopo tutto quello che avevo passato avrei tanto voluto sentirmi cullare da braccia calde, rivedere mio padre…

Ma perché l’autrice perde tempo con queste scene di finta morte quando ha scritto il libro in prima persona…? Lo sappiamo che non muore se sta raccontando lei!

PUNTEGGIATURA A CASO

Ma basta!!! Cominciavo a chiedermi se non avessi scritto «idiota» in fronte.
La tensione si tagliava col coltello, e tutto per colpa mia. Era assurdo, io quello non lo conoscevo nemmeno.

Credo che lo stile di questo romanzo si possa definire un diario Smemoranda scarabocchiato da una dodicenne. Punteggiature assurde, parole allungate… Tremendo.

Ho dovuto portarti via in braccio.»
«Per tutto il tragitto?» Accidenti. E me l’ero perso?! «E… l’orso?»

«Ho dato un’occhiata al tuo blog.»
Oh – Madre – Santissima. L’aveva cercato? E, cosa ancora più incredibile, l’aveva trovato!? Era googleabile? Che figata pazzescaaa!

«Allora quanto ci vorrà prima che questa macchia inizi a svanire?» E d’istinto i miei occhi si incollarono di nuovo a lui. Che fastidio…!

Daemon si sollevò su un gomito, senza smettere di guardarmi. Poi fece un profondo respiro. Ora che aveva messo a fuoco la situazione sembrava quasi sul punto di incolparmi per quella momentanea – e dolcissima! – perdita di concentrazione.

«Puoi scordartelo, bello.» Avanzai puntandogli un dito addosso. «Neanche se fossi l’ultimo… mmm, non posso dire neanche “uomo” sulla faccia della Terra!!!»

Ovviamente non significava che fosse diretto per forza qui, ma era molto, moooolto probabile.

FINALE

Non c’è una trama, figuriamoci il finale. Tutto si basa sull’inciucio tra i due furetti, trascinato fin troppo pur di dare alle lettrici furette un motivo per comprare il seguito. Mi stanno talmente sulle balle che penso aspetterò un po’ prima di leggere il prossimo della saga.

CONCLUSIONE

Credo di aver finito gli insulti per questo romanzo, quindi li ripeterò: Balordo, squallido, straripante di ormoni, punteggiatura tremenda, narrazione sciatta, protagonista talmente stupida da farti tifare per i cattivi che la pestano, figo di turno dello spessore di un foglietto, sorella MylittlePony, nessuna trama. Non lo consiglio nemmeno per divertimento, visto che è più il nervoso a venire fuori, molto meglio Fallen e quella povera creatura limitata di Luce.

Voto: 1/10

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