Parliamo di… “Non ora, non qui” di Erri De Luca

Essere al mondo, per quello che ho potuto capire, è quando ti è affidata una persona e tu ne sei responsabile e allo stesso tempo tu sei affidato a quella persona ed essa è responsabile per te. Sette anni non furono pochi. Anche se fossero stati la metà o la metà ancora, non sarebbe stato poco. Non ci si può lamentare della brevità, non è giusto, ma della lunghezza sì. Ho avuto imbarazzo a vivere ancora. Non provo dolore nel vedere il cielo qualche volta uguale a quello di un agosto passato insieme in vacanza, però arrossisco di poterlo guardare, di essere rimasto. Di questo per me si tratta, di essere il resto di alcune persone, delle loro sottrazioni. Porto il vuoto che mi hanno lasciato e mentre mi tengo le mani mi sento spuntare impazienza e impulso di smettere il tempo della foto e dell’autobus.

Spesso capita che una frase ci colpisca talmente tanto da farci avvicinare al libro che la contiene.

Le cose hanno un momento in cui sono improvvisamente diverse. Un legno appena spaccato, una pietra staccata da un suo posto forse millenario: per un momento solo hanno un volto segreto conosciuto solo da chi è testimone dell’improvviso cambiamento.

Un flusso di parole e frasi mai dette alla propria madre, dove passato e presente si fondono per poi incontrarsi di nuovo. A chi non è mai capitato di avere qualcosa da dire a qualcuno che non può più ascoltare?

Ci siamo fraintesi ostinatamente, come per proteggerci da qualcosa. Custodimmo il non capirsi per una discrezione e un pudore: ora so che questo conserva gli affetti. Fu una rinuncia e una preclusione ottemperata come una norma, sconosciuta alla volontà come un istinto. Fraintendersi fu giusta condizione, capirsi non poteva servirci.

L’autore scrive cose estremamente specifiche e personali, eppure riesce a coinvolgere, a far rievocare qualcosa nel lettore. La brevità del romanzo permette al lettore di immergersi senza stancarsi o annoiarsi.

Per quale miracolo dello spirito alcune creature non si addolorano delle risate versate sui loro sforzi, sui loro inciampi?

 

L’affetto che traspare, sicuramente arricchito e addolcito dagli anni ma non per questo meno vero, è di una tenerezza disarmante.

Tu eri il sempre, nascevi la mattina, morivi la sera, comparendo e disparendo dalla stessa porta, conducendo la luce del mattino e riportandola via dietro di te la sera, lasciando una piccola striscia di lume sotto la porta che chiudeva male.
[…] Dev’essere stato impossibile da indovinare il cruccio del bambino che non vuole dormire: non io morivo nel buio ogni sera, ma tu. Allora sul bilico del sonno ti tenevo per nome stretta nei denti e nelle mani chiuse e tuffavo gli occhi all’indietro. Stavamo sott’acqua un attimo e poi rispuntavamo insieme nel sogno. Così ti salvavo ogni sera.

 

La madre è la destinataria principale, ma l’autore spazia anche parlando del padre e di tutti i momenti che più hanno segnato la sua vita.

— Perché esiste l’attesa?
— L’attesa di che cosa? Feci una pausa. Riprese con tono più gentile: L’attesa di cosa?
— Se mamma non viene, tu l’aspetti?
— Certo
— Se manca la luce aspettiamo che torni?
— Non riesco a seguirti, ma non fa niente. Sì aspettiamo che torni.
— Per ogni cosa che fa tardi e bisogna aspettare, noi siamo sempre in attesa? A questo punto la mia dizione si fece più incespicata. — Papà, se io non voglio stare in attesa e voglio stare senza attesa, posso?
Allora interruppe di radersi, aprì del tutto la porta e, come se avesse capito una cosa, non so quale, disse solo così: “Se tu sarai capace di stare senza attesa, vedrai cose che gli altri non vedono.” Poi aggiunse ancora: “Quello a cui tieni, quello che ti capiterà, non verrà con un’attesa.”

 

A me piace spaziare, è raro che un libro una volta finito mi spinga a leggere subito qualcos’altro dell’autore. Questo è uno dei rari casi.

“Si cresce tacendo, chiudendo gli occhi ogni tanto, si cresce sentendo d’improvviso molta distanza da tutte le persone.”

 

“Ognuno ha un cancello in qualche memoria, ognuno è rimasto fuori di un giardino.”

 

“È possibile, perché il possibile è il limite mobile di ciò che uno è disposto ad ammettere.”

 

“Vivemmo con persone amate senza saperlo, maltrattate senza accorgercene: un giorno qualunque spariscono e non ne parliamo più.”

 

“Ancora scendo a bagnarmi nel Tirreno. Nuoto lungo la costa, regolo il fiato, sorveglio il mio stile che non si scomponga. Cerco di essere ancora in una scia, di non lasciarmi andare. Il mare non può levarmi niente, non può lavarmi più. Siamo sporchi ambedue, vecchi, feriti. Ci tocchiamo in silenzio le stanchezze. Molte ceneri sono state sparse in questo mare, molti sudori: fosse terra ne fiorirebbe, ma il mare si ammala dei resti dell’uomo.”

 

“Una gran forza ci procura al momento giusto la miopia utile per vivere.”

 

“Per me i giorni amati furono quelli dove l’impossibile rimase conservato nel cuore e non quelli che lo realizzarono.”

 

“Se Iddio fosse una circonferenza la chiesa ne sarebbe il centro, che è il punto più distante possibile.”

 

“Molti particolari non formano un ricordo, molti ricordi non costituiscono un passato.”

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