Parliamo di… Diario di Inverno di Paul Auster

“Parla ora prima che sia troppo tardi, e poi spera di continuare a parlare finché non ci sarà più niente da dire. Dopotutto, il tempo si sta esaurendo. Forse è meglio mettere da parte le tue storie per ora e provare ad analizzare come sia stato vivere in questo corpo dal primo giorno in cui ricordi di essere stato vivo fino a oggi.
[…] Sei senza dubbio un essere menomato e ferito, un uomo che si è portato dentro una ferita dalla nascita (altrimenti perché avresti passato la vita a sanguinare parole su una pagina?)”

Un’immersione nella vita di un’altra persona, resa ancora più profonda dallo stile dell’autore in seconda persona singolare. È un discorso allo specchio, una narrazione fisica guidata da fatti già vissuti e quindi presentati con un significato, un posto e un’importanza già assegnati. Nei romanzi noi siamo abituati a vivere una storia passo passo con il protagonista, ma Paul Auster cambia le regole togliendoci ogni punto fermo e facendoci spaziare nella sua vita. Raramente mi sono immersa così tanto per un romanzo, e ho adorato l’utilizzo di destino e coincidenze dell’autore al punto che sto recuperando tutte le sue pubblicazioni.

“Sempre smarrito, sempre a prendere la direzione sbagliata, sempre a girare in tondo.
[…] Sanno dove sono, dove sono stati e dove andranno, ma tu non sai niente, sei perso per sempre nel momento, nel vuoto di ciascun successivo momento che ti avvolge, del tutto ignaro di dove sia il nord perché per te i quattro punti cardinali non esistono, non sono mai esistiti. Una tara secondaria finora, senza conseguenze drammatiche di cui metta conto parlare, ma questo non esclude che un giorno, camminando, tu cada accidentalmente in un burrone.”

 

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