“Non ti dimenticare mai di me. Ricordati sempre che sono esistita”.
Ho iniziato questo romanzo a scatola chiusa, conoscendo solo alcune delle citazioni più famose che mi hanno sempre attirato. E in effetti sono tantissime le frasi che mi sono segnata, per non dimenticarle.
“Forse noi due ci cercavamo molto più di quanto noi stessi pensassimo. E così abbiamo finito per prendere la strada più lunga e più contorta. Forse io non avrei dovuto fare quello che ho fatto. Ma non ho potuto farne a meno. E volevo dirti che la sensazione di intimità e tenerezza che ho provato per te, è stata un’emozione che non avevo mai sentito prima nella mia vita.”
Norwegian Wood è un romanzo che parla di morte, di fragilità interiori, di mancanze e vuoti che le persone lasciano dietro di sé.
Ovviamente, come in tutti i romanzi, alcuni passaggi fanno più effetto a chi è sensibile a determinate corde, ma la delicatezza con cui l’autore tocca un tema così doloroso è davvero impressionante, soprattutto perché lo racconta con crudezza e senza girarci intorno.
“Però in questo mondo, in questo mondo imperfetto dei vivi, ho fatto tutto quello che potevo per lei. E mi sono sforzato di costruire una nuova vita per noi due. […] Tanto tempo fa, Kizuki, tirasti una parte di me nel mondo dei morti. Adesso Naoko se ne è portata un’altra. A volte ho l’impressione di essere diventato il custode di un museo. Un museo vuoto, senza visitatori, a cui faccio la guardia solo per me.”
Il protagonista è un Giovane Holden anni ’60, che vive la sua vita universitaria dentro una bolla di apatia e osserva le vite degli altri, mostrandoci i lati scomodi delle relazioni umane che di solito preferiamo non vedere.
“Nagasawa era uno che dentro di sé combinava in maniera molto estrema diversi elementi contraddittori. A volte era di una gentilezza tale che io stesso ne ero commosso, eppure nel fondo era malvagio come pochi. Sapeva dimostrare una rara nobiltà d’animo e allo stesso tempo una inguaribile bassezza. E mentre con la sua grinta e il suo ottimismo trascinava la gente, il suo spirito annegava in una palude di tristezza e solitudine. Intuii dal primo momento questa sua natura contraddittoria, e non riuscivo a capacitarmi di come facessero gli altri a non vederla. Il suo inferno lo accompagnava a ogni passo.”
È interessante anche leggere di un periodo ormai completamente diverso dal nostro. C’è uno spaccato delle lotte studentesche che Murakami ha vissuto in prima persona, anche se esternamente, e ripropone spesso nei suoi romanzi.
“Ma non è solo il club. Tutta l’università è piena di questi ipocriti. Passano la loro vita tremando, nel terrore che gli altri possano scoprire che non hanno capito qualcosa. E naturalmente leggono tutti gli stessi libri, si riempiono tutti degli stessi paroloni, ascoltano tutti John Coltrane e si esaltano con i film di Pasolini. Sarebbe questa la rivoluzione?”
“Non chiedere a me. Non mi è mai capitato di vederne una.”
I personaggi sono uno dei punti forti di Murakami, e questo, unito alla capacità tecnica di tenerti incollata alle pagine senza mai capire davvero cosa succederà, lo rende un romanzo che si legge tutto d’un fiato. Ed è un bel colpo, lo ammetto, al punto che le emozioni che ha suscitato in me sono arrivate qualche giorno dopo averlo letto.
Naoko
“Per ogni ferita che io possa averti causato, ne ho causata una uguale a me stessa. Perciò, ti prego, non odiarmi. Io sono una persona imperfetta. Molto più di quanto tu non immagini. E proprio per questo non devi odiarmi. Sapere che tu mi odi mi distruggerebbe. Non sono capace di rinchiudermi dentro un guscio come fai tu, e aspettare che passi. Non so se tu faccia davvero in questo modo, ma è così che io ti vedo. A volte ti invidio per questa capacità, e può darsi che ciò mi abbia portato a coinvolgerti nei miei problemi più del necessario.”
Naoko ogni volta che apre bocca o scrive qualcosa ti spezza il cuore. C’è poco da fare. L’ho trovata di una tenerezza disarmante. Inoltre per tutto il romanzo rilascia una sensazione di disagio, e si vede che l’autore voleva proprio questo.
“Perché?” ripetè Naoko guardando fisso la terra ai suoi piedi. “A capire che se uno si rilassa si sente più leggero ci arrivo anch’io. Ma non capisci quanto è assurdo dirmi una cosa del genere? E sai perché? Se io provassi a rilassarmi, andrei a pezzi. Ho sempre vissuto così, da tanto tanto tempo, e anche adesso è l’unico modo in cui posso vivere. Se una sola volta mi lasciassi andare, non potrei più tornare indietro. E se andassi a pezzi, il vento mi spazzerebbe via. Perché non lo capisci? Come pensi di potermi aiutare se non riesci a capire questo?”
Naoko è uno specchio per tutte le persone che si sono scheggiate o rotte nel corso della loro vita.
“Forse vorrebbe dirmi qualcosa, cominciai a pensare. Solo che Naoko non riesce bene a esprimere le cose a parole. No, il problema viene prima. È dentro di sé che lei non riesce ad afferrare le cose. È questa la prima ragione per cui non trova le parole, pensavo. E allora gioca continuamente col fermaglio, si asciuga le labbra con il fazzoletto, mi scruta a lungo negli occhi senza una precisa ragione. A volte pensavo anche che avrei voluto stringerla forte tra le braccia, ma esitavo e alla fine rinunciavo. Temevo che questo gesto avrebbe potuto sconvolgerla. Così continuavamo a camminare per le strade di Tokyo come sempre, e lei continuava a cercare le parole in quel suo spazio vuoto.”
Midori
“Pensi di non essere stata abbastanza amata?” Per guardarmi in viso inclinò un po’ la testa. Poi bruscamente annuì. “Un punto a metà tra il ‘non sufficiente’ e il ‘completamente carente’. Ho sempre avuto fame di affetto, io. E mi sarebbe bastato riceverne a piene mani anche solo una volta. Abbastanza da dire: grazie, sono piena, più di così non ce la faccio. Sarebbe bastato una volta, una sola unica volta. Invece sapevano solo respingermi se mi avvicinavo o sgridarmi perché gli facevo spendere soldi. Per me non c’è stato altro. Ma un giorno pensai: io riuscirò a trovare qualcuno che mi ami al cento per cento per ogni giorno della vita. L’ho deciso quando ero al quinto o al sesto anno di elementari.”
Se Naoko rappresenta la morte, Midori rappresenta la vita. E il protagonista è lì che barcolla da entrambe i lati. Midori è viva e ha fame di vita, di affetto, di esperienze e felicità. È il giusto contrappeso.
Reiko
Anche Reiko, con la sigaretta tra le labbra, si mise a ridere. “Però tu sei un ragazzo pulito. Mi basta guardare una persona per capirlo. Qui in sette anni di gente ne ho vista andare e venire tanta, perciò ormai sono un’esperta. La differenza tra le persone che sanno aprire il loro cuore, e quelle che non sanno. Tu sai aprirlo. Ma solo quando dici tu, beninteso.” “E se uno lo apre cosa accade?” Sempre senza posare la sigaretta Reiko appoggiò le mani sul tavolo e con aria divertita disse: “Si guarisce”.
Reiko rappresenta la rinascita, che può avvenire con tempi e modi diversi. Un personaggio sempre positivo ma che non ha mai quella patina fasulla di perfezione che troppo spesso ricade sui personaggi che fungono da riferimento.
“Ogni cosa segue comunque il suo corso, e per quanto uno possa fare del suo meglio, a volte è impossibile evitare che qualcuno rimanga ferito. È la vita. Faccio un po’ il grillo parlante ma è ora che tu cominci a imparare certi meccanismi della vita. A volte tu ti sforzi troppo di adattare la vita ai tuoi meccanismi. Se non vuoi finire anche tu in una clinica psichiatrica cerca di essere un po’ più aperto e di abbandonarti di più alla vita così come viene. Anche una donna debole e imperfetta come me ogni tanto arriva a rendersi conto di quanto meravigliosa sia la vita. Dico davvero! Perciò tu cerca di essere molto molto più felice. Mettici anche un po’ di buona volontà.”
Finale che si può immaginare già dalla prima pagina, eppure ti raggiunge come uno schiaffo. Murakami ha questo talento nel buttarti le cose addosso senza troppi preamboli, può dare fastidio a chi è abituato a narrazioni più lente ma io l’ho apprezzato.
“Mi piacciono tanto le tue lettere. Peccato che Naoko le abbia bruciate tutte. Erano così belle.”
“Tanto, le lettere sono solo lettere,” dissi. “Che tu le bruci o le conservi, quello che deve rimanere rimane e quello che si deve perdere si perde.”
Un viaggio crudo e intenso nell’animo umano, quello più fragile e nascosto.
Non è per tutti, ma ormai sto imparando che Murakami vale almeno il tentativo, perché sicuramente non uscirai a mente o cuore vuoto.
Ma adesso capisco. Capisco che in fondo a poter riempire quel contenitore imperfetto che è la scrittura, sono solo ricordi e pensieri altrettanto imperfetti. E poi, più i ricordi di Naoko sbiadiscono dentro di me, più sento di capirla. Oggi capisco anche la ragione per cui mi pregò di non dimenticarmi di lei. Naturalmente lo sapeva benissimo. Sapeva che prima o poi in me il suo ricordo avrebbe cominciato a sbiadire. Ed è per questo che mi aveva pregato: “Non ti dimenticare mai di me. Ricordati sempre che sono esistita”.