«Scrivi» gli disse. «Appena arrivo ti scriverò» rispose Julián. «No, non a me. Scrivi dei libri. Scrivili per me. Per Penélope.» Julián annuì, e solo allora comprese quanto gli sarebbe mancato l’amico. «E conserva i tuoi sogni» disse Miquel. «Non puoi sapere quando ne avrai bisogno.»
***Unpopular opinion***
Eh figurati, che strano.
Ho iniziato questo romanzo pensando a un colpo sicuro, cinque stelle annunciate, spinta forse dal fatto che tantissima gente lo adora, addirittura per molti è considerato “il libro preferito”. Stolta me quindi che ci ho messo anni prima di iniziarlo! …Inutile dire che non è andata proprio così.
L’autore è un furbacchione, partiamo subito da questa mia impressione perché è stata la cosa più evidente. Frasi molto studiate per strizzare d’occhio agli appassionati di libri e scrittura, e a livello di marketing sono frasi facilmente divulgabili. Io le definisco “facebook-friendly” perché praticamente metà libro lo trovi condiviso su quel social. Ho trovato strizzatine d’occhio continue.
“Un giorno sentii dire da un cliente della libreria che poche cose impressionano un lettore quanto il primo libro capace di toccargli davvero il cuore. L’eco di parole che crediamo dimenticate ci accompagna per tutta la vita ed erige nella nostra memoria un palazzo al quale – non importa quanti altri libri leggeremo, quanti mondi scopriremo, quante cose apprenderemo o dimenticheremo – prima o poi faremo ritorno.”
PERSONAGGI
Protagonista anonimo e con un’interiorità quasi inesistente, ad agire ci mette un attimo, a reagire non ci prova neanche per sbaglio. Ideale per permettere a chiunque di identificarsi senza sforzi, in pratica fa tutto il lettore.
Sono pochissime le volte in cui l’autore ci infila un minimo di interiorità, e quando lo fa ovviamente è per parlare del suo romanzo e farsi i complimenti da solo:
“Solo allora – le dissi – avevo compreso che si trattava di una storia di gente sola, di assenza e di perdita e che proprio per questo vi avevo cercato rifugio, fino a confonderla con la mia vita. Che mi sentivo come chi fugge nelle pagine di un romanzo perché gli oggetti del suo amore sono soltanto ombre che vivono nell’anima di uno sconosciuto.”
Fermin è il personaggio che ho apprezzato di più, con le sue perle di saggezza strampalate e i suoi modi sopra le righe. È un personaggio cardine di cui l’autore si serve molto spesso per far andare avanti la storia, molto più originale del “sono un adolescente curioso, vado a rompere le scatole alla gente perché sì, tanto cosa mai potrà succedere”. Mi è piaciuto tantissimo anche il modo in cui l’autore presenta Clara:
“Viviamo in un mondo di ombre, Daniel, e la fantasia è un bene raro. Quel libro mi ha insegnato che la lettura può farmi vivere con maggiore intensità, che può restituirmi la vista. Ecco perché un romanzo considerato insignificante dai più ha cambiato la mia vita.» A questo punto, io ero rimasto senza parole, alla mercé di quella creatura alla cui voce e al cui fascino io non sapevo, né volevo, resistere.”
STILE
Sono partita bella carica nella lettura di questo libro e il primo 20% è passato tutto d’un fiato, perché in realtà c’erano solo presupposti, quando poi effettivamente si passa ai fatti non ne ho tratto tutta la soddisfazione che mi aspettavo. Questo però non toglie il fatto che, una volta iniziato, continuavo a leggere a oltranza senza stufarmi, cosa molto positiva visto che è facile annoiarmi. Stile molto immersivo e un po’ surreale alla Dickens, ma con personaggi per lo più macchiette. Ben differenziati, caratterizzati e riconoscibili, certo, ma che non evolvono e creano situazioni fin troppo esagerate.
L’IDEA
«Questo luogo è un mistero, Daniel, un santuario. Ogni libro, ogni volume che vedi possiede un’anima, l’anima di chi lo ha scritto e l’anima di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie a esso. Ogni volta che un libro cambia proprietario, ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza.»”
Dalle mie parole forse sembra che non abbia apprezzato per niente questo romanzo ma non è così, io adoro i furbacchioni, e capisco perfettamente perché a molti sia piaciuto.
È un romanzo per chi ama i libri, soprattutto quelli usati e vissuti, e l’idea del Cimitero dei libri dimenticati salva l’intero romanzo. È uno di quei casi in cui l’idea salva tutto il resto.
“Quando una biblioteca scompare, quando una libreria chiude i battenti, quando un libro si perde nell’oblio, noi, custodi di questo luogo, facciamo in modo che arrivi qui. E qui i libri che più nessuno ricorda, i libri perduti nel tempo, vivono per sempre, in attesa del giorno in cui potranno tornare nelle mani di un nuovo lettore, di un nuovo spirito. Noi li vendiamo e li compriamo, ma in realtà i libri non ci appartengono mai. Ognuno di questi libri è stato il miglior amico di qualcuno.”
Molto bello anche come l’autore ci fa immergere nella situazione politica e sociale di quel periodo e di come racconta
la guerra:
“L’attesa rese ancora più drammatico l’inevitabile epilogo. Non vi fu pietà per nessuno. Eppure nulla alimenta l’oblio più di una guerra, Daniel. La legge del silenzio prevalse e ci convincemmo che quanto avevamo visto, fatto o saputo non fosse che un incubo. Le guerre negano la memoria dissuadendoci dall’indagare sulle loro radici, finché non si è spenta la voce di chi può raccontarle. Allora ritornano, con un altro nome e un altro volto, a distruggere quel poco che avevano risparmiato.”
FINALE
“Nessuno si avvide di ciò che stava accadendo, ma come sempre il destino aveva ordito la sua trama e, quando la storia cominciò, il finale era già stato scritto.”
Carine le frasi, carina la forma, un po’ meno la sostanza. Una lettura piacevole, ma non mi ha folgorato come mi aspettavo. Esistono anche i seguiti, ma per adesso non mi attirano, chissà.