Parliamo di… L’atlante delle nuvole di David Mitchell

 

“Cosa non avrei dato ora per una mappa immutabile dell’ineffabile sempre costante? Per possedere, per così dire, un atlante delle nuvole.”

Immagino che definirla una “raccolta di racconti” sia riduttivo, ma è così che si presenta. La particolarità sta nel modo in cui questi racconti, diversissimi sia per stile che per contenuti, siano collegati.
L’unico argomento costante è la natura dell’uomo, illustrata in modo tutt’altro che lusinghiero, e ovviamente il mio cinismo e la mia misantropia ne sono rimasti stuzzicati, anche se da un certo punto ho percepito quasi un’esasperazione, una ridondanza di concetti che andava oltre il “tutto si ripete”, e questo può dare fastidio.
In generale questo romanzo sembra più un esercizio di stile che un’opera omogenea. L’impressione che ho avuto è che l’autore avesse avuto questa grande idea (L’anima che si reincarna in ogni racconto ) e abbia costruito tutto il resto come contorno ma senza studiare troppo i collegamenti.

Il diario dal Pacifico di Adam Ewing

“Molteplici verità quanti sono gli uomini. Di quando in quando, mi è dato scorgere di lontano una Verità più vera, nascosta tra imperfetti simulacri di se stessa, ma se faccio tanto d’avvicinarmi, questa si agita, sprofondando ancor più nell’insidiosa palude del dissidio.”

La prima storia è sotto forma di diario e racconta di un notaio che vede in prima persona gli effetti del colonialismo sulle popolazioni indigene, e non è proprio sveglio Dal momento che si fa abbindolare dal primo che incontra facendosi avvelenare, cosa abbastanza forzata di per se’ visto che Henry poteva tranquillamente trovare metodi più veloci per derubarlo
Tutto il racconto ci regala scorci drammatici e discorsi teorici sulla natura umana che, per quanto condivisibili, ci distolgono dalla narrazione e ci ricordano che è l’autore a parlare.

“Perché mai il moschetto è stato consegnato all’uomo bianco e non, diciamo, all’esquimese o al pigmeo, se non per nobile volontà dell’Onnipotente?» Henry ha replicato. «Le nostre armi non sono piovute dal cielo in un bel giorno di primavera. Non è la manna sul Sinai. Da Agincourt in poi, l’uomo bianco ha raffinato e approfondito la scienza della polvere da sparo affinché i nostri moderni eserciti potessero imbracciare decine di migliaia di moschetti! ‘Aha! ‘ direte voi, sì, ‘Ma perché noi ariani? Perché non gli unipedi dell’Ur o le mandragole delle Mauritius?’ Perché, mio caro predicatore, tra tutte le razze della Terra, la nostra brama – o meglio, la nostra rapacità – di tesori, di oro, di spezie e di dominio (oh, soprattutto, di dolcissimo dominio) è la più profonda, la più insaziabile e quella maggiormente priva di scrupoli! È questa rapacità che alimenta il nostro Progresso; se con finalità divine o infernali non mi è dato sapere. Né lo potete sapere voi, signore. Né io bramo di saperlo. Provo unicamente sollievo all’idea che il Creatore mi abbia scaraventato dalla parte dei vincenti.»”

E poi ancora:

“«Pensate che abbiamo trasformato delle persone libere in schiavi, non è così?» Ho eluso la domanda dicendo che Mr Horrox mi aveva spiegato che i lavoratori pagavano per i benefici del Progresso portati dalla Missione. Lui non mi ascoltava. «Esiste una famiglia di formiche chiamate ‘schiaviste’. Questi insetti attaccano le colonie di formiche comuni, rubano le loro uova e le portano nei propri nidi. Quando queste si schiudono, le formiche trafugate diventano operaie del grande impero e non sospettano minimamente d’essere state rapite. A mio avviso, Nostro Signore ha creato queste formiche come modello, Mr Ewing.» Lo sguardo di Mr Wagstaff scintillava di antiche profezie. «Per chi ha occhi per vedere.»”

 

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Lettere da Zedelghem

“Mugugni e scuoti la testa, lo so, Sixsmith, ma sorridi anche, che è il motivo per cui ti voglio bene.”

In questo racconto epistolare il protagonista è un musicista geniale ma dalla vita burrascosa. L’ho trovato decisamente più interessante, perché sei curioso di sapere cosa farà, cosa si inventerà, come finiranno i vari inciuci e poi l’animo dell’artista dannato e tormentato piace, si sa.

“I sani non possono capire gli svuotati, i distrutti. […] La codardia non c’entra niente – il suicidio richiede un notevole coraggio. I giapponesi hanno l’idea giusta. No, quello che è davvero egoista è chiedere agli altri di tollerare un’esistenza intollerabile, solo per risparmiare alle famiglie, agli amici e ai nemici qualche esame di coscienza. Il solo egoismo è rovinare i giorni altrui con lo spettacolo del proprio grottesco.”

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Mezze Vite – Il primo caso di Luisa Rey
Se dobbiamo davvero considerare questo romanzo come un esercizio di stile direi che il genere poliziesco non è proprio quello che all’autore esce meglio. Più che una corsa alla verità è più una gara di acchiapparella, con un cattivo che si sente un genio del male perché fa aspettare le persone mezz’ora in sala d’attesa prima di riceverle. No grazie. Non ho nemmeno salvato delle frasi che mi hanno colpita perché non ce n’erano.

La tremenda ordalia di Timothy Cavedish

“Uno pensa che un posto grande come l’Inghilterra possa tranquillamente contenere tutti gli eventi di un’umile vita senza troppe sovrapposizioni, voglio dire, non viviamo in quel cavolo di Lussemburgo, ma no, invece, attraversiamo, incrociamo e ripercorriamo le nostre vecchie tracce come pattinatori artistici.”

Mamma mia che angoscia ‘sto racconto, io di base non ho paura di niente, però la vecchiaia e gli ospizi mi mettono molto ansia, quindi per me è stato l’equivalente di un horror.

“«Noi – e con questo intendo chiunque sia sopra i sessanta – commettiamo due reati solo esistendo. Uno è la mancanza di velocità. Guidiamo troppo piano, camminiamo troppo piano, parliamo troppo piano. Il mondo fa affari con dittatori, pervertiti e baroni della droga di tutti i colori, ma rallentare è intollerabile. La nostra altra colpa è di essere il memento mori dell’uomo comune. Il mondo può stare a suo agio nella negazione senza chiudere gli occhi, solo se noi siamo fuori dal campo visivo.»”

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Il verbo di Somni

“Al Papa Song, come qui nella cubagione, i sogni sono l’unico elemento imprevedibile nelle mie giornate settoriate. Non c’è nessuno che li assegni, o li censuri. Sono l’unica cosa davvero mia.”

Somni è un clone creato per servire gli umani, la sua vita procede serena nella sua ristrettezza finché il suo mondo diventa più grande delle mura in cui è imprigionata e la scintilla tipica dell’essere umano si fa strada in lei.

“Le ho chiesto come avesse scovato la stanza segreta. «Curiosità», ha risposto lei.
Non conoscevo quella parola.
«È una torcia o una chiave?»
Yoona ha detto che era entrambe le cose.”

Questa è la mia parte preferita in assoluto, nonostante non ami i distopici. L’ho trovata originale, toccante e col giusto ritmo. Probabilmente l’unico racconto di cui mi interessava davvero sapere il finale.

“Non capisco come hai fatto a non intuire che si trattava di pura fantascienza?”
“Le rivoluzioni sono sempre pura fantascienza finché non accadono; poi diventano realtà storiche inevitabili.”

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Sloosha Crossing e tutto il resto

“Il tempo è ciò che impedisce alla storia di verificarsi tutta insieme; il tempo è la velocità con cui scompare il passato. […] Ricordo che l’Abbadessa diceva sempre, La civiltà ha bisogno del tempo e se noi lasceremo morire l’orologio, pure il tempo morirà, e a quel punto come potremo riportare in vita l’Epoca civilizzata, prima della Caduta?”

Questo è il racconto che fa da raccordo a tutti gli altri, ha uno stile particolare perché è come se una persona stesse raccontando a voce, e quindi sono riportate pronunce sbagliate, modi di dire e modi di parlare grezzi e rozzi.

“A volte se dici a qualcuno che le sue convinzioni sono false, lui pensa che tutta la sua vita è falsa e che la sua verità non è vera. Secondo me c’aveva ragione.”

Carina come idea ma nella pratica stanca, però la storia è senza dubbio interessante, dal momento che parla della civiltà dopo che il mondo moderno è collassato su se stesso.

“Ho conosciuto selvaggi nel cui petto pulsa uno splendido cuore civilizzato. Forse pure qualche Kona. Non così tanti da condizionare l’intera tribù, ma chissà, un giorno forse? Un giorno.”
«Un giorno» era una minuscola speranza, più piccola di una pulce.
“Sì,” ricordo che Meronima ha detto, “ma non mica è facile sbarazzarsi delle pulci.”

 

In conclusione, sì lo consiglio ma non è un romanzo rilassante o leggero, bisogna tenere a mente molti dettagli, quindi iniziatelo se avete voglia di una lettura particolare e corposa.

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